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    TerraNova

    Quando gli Alieni invasero la Terra

    • di Massimo Citi
    • Gennaio 11, 2019 a 8:47 pm

    Leggere una delle grosse antologie pubblicate dalla Nord a Natale faceva l’effetto di abbordare un grosso galeone spagnolo dalla murate altissime e carico d’oro, ovvero quello di essere un’esperienza esaltante e spaventosa. Questa Quando gli alieni invasero la terra, antologia made in Italy curata da Piergiorgio Nicolazzini, ha tuttavia il grosso pregio di iniziare con La Cosa da un altro mondo di J.W.Campbell, dal quale sono stati tratti ben due film (mitici), l’uno di Nyby, prodotto da Howards Hawks e l’altro di John Carpenter, protagonista Kurt Russell. Come giustamente nota Nicolazzini il film di John Carpenter è decisamente più fedele al racconto originale. Il racconto di Campbell è (naturalmente) strepitoso: teso, essenziale, allucinante e con una caratteristica tipica della vecchia sf (1935): l’assoluta mancanza di personaggi femminili. Nella sf di allora, infatti, i personaggi femminili erano, in genere, versioni future di altrettanti riposi del guerriero oppure, più raramente, arcigne ma efficientissime scienziate o, ancora, insopportabili rompiscatole che si cacciavano in tutti i possibili guai per offrire all’eroe la possibilità di salvarle. É comunque interessante notare che gli aspetti essenziali del terrore nel racconto di Campbell e nella sua trascrizione cinematografica (quella di Carpenter) sono sensibilmente differenti. Se, infatti, nel racconto ciò che angoscia profondamente i protagonisti è la paura della perdita dell’identità personale, nel film è l’ansia dell’epidemia a prevalere. Si passa, insomma, dalla minaccia del nazismo alla minaccia dell’AIDS. Come dire: dalle paure dell’interguerra a quelle di fine millennio. Nel film di Nyby, dove la povera “cosa” è divenuta un vampiro vegetale privo di sentimenti, i riferimenti al comunismo – e agli infidi scienziati pronti a tradire – sono scoperti fino al grottesco, anche se la storia “tiene” grazie alla felicissima ambientazione immaginata da Campbell: una sperduta base polare. In tutti i casi una lettura (o rilettura) che merita. Ma il nostro galeone può vantare anche altre inaspettate ricchezze.

    Lester Del Rey

    Il secondo racconto è infatti Non avrai altro popolo di Lester del Rey, letto tanti anni fa in una versione ridotta (o mutilata?) su un’antologia di Urania. Qui lo spunto – affascinante ma blasfemo – è basato sulla domanda: «E se Dio, il Nostro Dio della Bibbia, si rivelasse a una razza aliena, condannandoci all’oblìo?» Protagonista della vicenda è un sacerdote, obbligato dalle vicende a rinnegare il Dio che ha tradito l’umanità. Un testo affascinante, estremo, comparso per la prima volta nel 1954, ma che non ha perso nulla della sua carica eversiva. Delizioso Gli alieni che sapevano proprio tutto, di G.A. Effinger, ovvero come regolarsi con degli invasori benefici ma che hanno una risposta per tutto. Veramente troppo lungo, viceversa, e un po’ patetico il romanzo breve di E. Rice Burroughs (l’autore di Tarzan): The Moon Men, pubblicazione originale 1925. Certo, Rice Burroughs ha un ritmo ineguagliabile, una grande capacità di invenzione e un talento sicuro per l’avventura, ma questo non sicuramente è tra i suoi testi migliori: la vicenda è poco originale e i continui piagnistei sul genuino spirito americano perduto e l’ anticomunismo talvolta naïf (ma più spesso rozzo) sono decisamente fastidiosi. Vecchi per vecchi, i racconti di Kuttner (1948) e di E.F.Russell (1938) sono dei veri fari nella nebbia, due esempi miracolosi di racconti a sorpresa (terrificante il primo, esilarante il secondo) come sapevano scriverne in quegli anni.

    Geoffrey A. Landis

    Come forse si sarà capito tra i tanti miei difetti c’è una passione deprecabile per lo steampunk. Per chi soffre di questa inconsueta e deprecabile perversione: nell’antologia ci sono un paio di bonbon davvero meritevoli. L’uno è Lo strano comportamento delle vespe di Geoffry A. Landis (1994), l’altro è Coup de foudre di Gregory Benford e David Brin (1996). Nel primo un inconsueto Sherlock Holmes può condurre fino alle conseguenze estreme la propria leggendaria misoginia (per un buon fine, ovviamente) salvando la Terra e, per buona misura, risolvendo il mistero dell’identità di Jack the ripper; nel secondo il protagonista è nientemeno che Jules Verne, chiamato a vincere una guerra ormai disperata contro gli invasori marziani. Rimarchevoli anche Denti più bianchi, alito più fresco di Thomas Marcinko (1994), irresistibile delirio odontoiatrico, lo struggente e angoscioso Vicini invadenti di Bob Shaw (1970), autore di Altri giorni, altri occhi, probabilmente uno dei più bei romanzi brevi – e non solo di sf – di questo secolo, un esempio di scrittore ingiustamente trascurato solo perché gli è toccato in sorte l’essere pubblicato solo in Urania. Interessante anche Verso il Kilimanjaro di Ian McDonald – che poi l’autore ha ripreso in un romanzo Chaga, pubblicato in Italia nel 2003, basato su una suggestiva ipotesi di invasione vegetale, anche se in questo caso il debito verso La foresta di Cristallo di J. Ballard è forse davvero eccessivo.

    Nell’insieme gradevoli anche i racconti dei due autori italiani, anche se debbo ammettere che l’idea degli alieni convinti che siano i gatti la razza intelligente del pianeta (Ombre sui tetti di Adalberto Cersosimo) mi è parsa sia intrigante che inaspettatamente verosimile. Verosimile come lo può essere una vecchia diceria popolare o il racconto serale di uno zio pieno di fantasia.

    L’unica autrice presente (Mary Turzillo – Il guaritore) è per me una perfetta sconosciuta (e fin qui…) e, a essere sincera, ho trovato il suo racconto piuttosto cerebrale e non troppo efficace. Non che detesti lo stile alla Salinger (non lo amo neppure troppo, comunque, con buona pace dei Bariccomani), ma non credo che si possa sempre coniugare felicemente testo fantastico e scrittura biografica.

    Danilo Arona

    Ma in tutte le antologie ci sono testi forti e testi deboli, e, in tutti i casi, questa antologia meritava le 40mila italian liras dell’antico prezzo di copertina. Per quanto riguarda il paratesto: lodevole, come sempre, la cura nell’indicare edizione originale e traduttore di ciascuno dei racconti presentati e curioso e buffo l’intervento finale sul cinema sf di Danilo Arona, un esempio notevole di esperto che ricorda irresistibilmente quelle caricature di critici cinematografici che ogni tanto passano nei varietà TV. Intendiamoci: Arona è individuo coltissimo, preparatissimo, eruditissimo, simpaticissimo ed è anche capace di osservazioni non banali, ma taluni aspetti dello stile… ( «…Avviati a tutta velocità verso l’implosione psichica del millennio stesso…» )… tolgono il fiato al lettore…

    Quando gli alieni invasero la terra, a cura di Piergiorgio Nicolazzini, ed. Nord 1996, pp. 582, trad. vari, ed. fuori commercio, disponibile in forma di usato.

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