Costa delle Palme di Kim Stanley Robinson, pubblicato nel 1988 ed edito nel 1994 da Mondadori e in seguito da Interno Giallo, fa parte della trilogia delle Tre Californie, tre volumi che non hanno in comune né i protagonisti né il tempo, raccontando della California post-guerra nucleare – e in particolare della Contea di Orange County – in tre momenti della sua evoluzione futura.
Costa delle Palme è un romanzo ampio, complesso e ricco, dove solo pochi elementi inducono a comprendere che si tratti di una vicenda che si svolge nel futuro: l’uso di stupefacenti di nuovo genere, le automobili computerizzate che viaggiano su piste elettroniche, il terrorismo. Protagonista è uno studente, poeta poco dotato e figlio di un ingegnere capo progettista di armi strategiche, che si trova coinvolto in una serie di azioni terroristiche volte a distruggere il risorgente bellicismo americano e impaniato in una storia di importazione illegale di stupefacenti. Personaggio non stereotipo, il giovane Jim affronta disperatamente le vicende che gli accadono e cerca di afferrare il senso della propria esistenza sposando ingenuamente teorie politiche approssimative o assurde e agitandosi frenetico tra il capezzale del nonno moribondo e i patetici tentativi pseudoarcheologici di ritrovare le proprie radici nella California di inizio secolo, scomparsa sotto l’onda speculativa delle nuove costruzioni.
All’inizio della presentazione ho parlato di romanzo complesso e i livelli di narrazione, i punti di vista in questo romanzo sono numerosi e mai facili o approssimativi: alla vicenda di Jim si lega quella di Tashi, l’amico di origine giapponese che gli mostrerà la via della riconciliazione con se stesso, le traversie del padre, espulso dall’industria militare per i troppi scrupoli formali e le storie degli altri giovani di OC (Orange County), a definire il tentativo ormai raro di un ambizioso romanzo corale.
Sistemare quest’opera nello scaffale della sf è sicuramente difficile e probabilmente ingiusto per i lettori che non coltivano una particolare passione per la fantascienza. Per restare a Darko Suvin, tuttavia il libro possiede un Novum, che si può ritrovare nelle piste elettroniche e nelle auto guidate da un computer, che come un incubo ricorrente accompagnano tutti i movimenti del protagonista. E il valore sociale e comunicativo di questa viabilità coatta finisce per divenire la migliore metafora di una società eccessivamente tecnologica, protettiva e sottilmente autoritaria.
Ulteriore bizzarria, questa volta comica: il risvolto di controcopertina annuncia: «Un disastro nucleare ha ridotto gli USA ad una terra riarsa in cui vivono poche comunità sotto l’inflessibile sorveglianza militare della potenza giapponese ecc. ecc.», un bel tema come si può notare, a cavallo tra La Svastica sul Sole di P.K.Dick e il film The day After che ha il solo difetto di non risultare in maniera convincente nella trama e nell’ambientazione del romanzo (l’unico giapponese del libro – Tashi – è individuo pacifico, ricco di acume e assolutamente non violento). Un errore, un scherzo, un vile trucco ai danni del lettore o la solita ben nota sciatteria mondadoriana? Evidentemente si deve rimandare a La Costa dei Barbari, il primo della trilogia, per incontrare i Sovietici vincitori e i Giapponesi involontari padroni, ma resta il fatto che la Mondadori considera i lettori di sf dei perfetti imbecilli, incapaci persino di accorgersi che in un libro che si presume basato sull’invasione giapponese mancano i giapponesi e che la descrizione del secondo volume non può essere quello del primo…
Kim Stanley Robinson, Costa delle Palme, Mondadori 1994 [edito in seguito da Interno Giallo], ed.orig. 1988, The Gold Coast, pp. 324, trad. Grazia Alineri
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