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    Aria

    Il Monaco del Monte Kôya di Izumi Kyôka

    • di Massimo Citi
    • Aprile 3, 2018 a 8:05 pm

    Figura singolare e di difficile collocazione nella letteratura giapponese, Kyôka esordisce come scrittore dai temi fortemente critici nei confronti della società giapponese, particolarmente della guerra e dell’istituzione matrimoniale, troppo spesso subita dalla donna che ne è l’anello più debole. Ben presto però segue percorsi estremamente personali che lo porteranno a privilegiare il fantastico, l’ambiguità, il finale aperto.

    Perno della sua narrazione è quasi sempre una figura femminile, abitatrice di un mondo misterioso di pacata sensibilità, capace di abbandonarsi alla passione e di comunicare con il mondo naturale, mentre l’uomo non lo comprende più e lo perturba con la sua sola presenza. La tensione del racconto scaturisce dal confronto tra questo elusivo universo femminile e un giovane protagonista sospeso ancora tra ricerca della madre e desiderio sessuale. Le donne di Kyôka sono figure complesse e sfaccettate: fragili vittime del mondo maschile – come Ojuki de I commedianti girovaghi o come la donna suicida di Rosse foglie d’Ipomea –disprezzate se non lo vogliono condividere – come l’artista Kochika ne I commedianti girovaghi – ma anche Signore capaci di esercitare arcani poteri sulla natura che, per realizzare le proprie potenzialità, hanno scelto l’estraniamento – come la donna de Il Monaco del monte Koya, o ancora pacate reggitrici dell’equilibrio maschile come la sorella e la nipote in Rosse foglie d’Ipomea. Il ragazzo, nonostante il suo bisogno di affidarsi ad una Madre e il desiderio che prova per la donna non riesce a condividere il suo mondo: i protagonisti maschili di Kyoka non possono mai fermarsi, la loro unica scelta onesta è il viaggio, l’allontanamento.

    Izumi Kyôka

    Lo stile evocativo, levigato, elegante, sempre sospeso sul manierismo e sul formalismo, si giova di artifici di ogni genere: inversioni grammaticali, flashback, movimenti a ritroso nel tempo, digressioni che consentono al pur bravo traduttore di restituire al lettore italiano solo una parte del talento di Kyoka.

    Il racconto forse più equilibrato e riuscito, il più coerente e nello stesso tempo il più tipico dell’autore è proprio quello che dà titolo alla raccolta, nel quale spicca la figura del monaco, ormai savio e colto, che rievoca per un giovane compagno di viaggio il suo incontro di tanti anni prima con una sconosciuta affascinante. La donna vive in armonia con una natura arcana e sfuggente che rifiuta l’intrusione degli umani ed è contemporaneamente franca e insidiosa, materna e sensuale, disponibile e inafferrabile. Padrona assoluta del proprio destino, offre al giovane monaco di fermarsi con lei. Una tentazione quasi irresistibile e doppiamente empia cui il monaco si sottrae con dolore scegliendo – come farà nuovamente da anziano, al termine del racconto – il confronto impossibile con il mondo naturale incomprensibile ed estraneo.

    Izumi Kyôka, Il Monaco del Monte Koya e altri racconti, Marsilio, Letteratura Universale Mille Gru, 2001 [ed.or. 1900], pp, 342, € 15,49, trad. e cur. B.Ruperti

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