Quando scrissi per la prima volta questa recensione era il luglio del 1996 e Mario Giorgi, appena allontanatosi dalla Bollati Boringhieri dove aveva pubblicato i suoi primi due libri, era alla ricerca di un editore per il suo ultimo romanzo. Avendone avuto una copia lo recensii, sebbene ancora in forma di manoscritto. In seguito Mario riuscì a trovare un editore nel 2001, Porto Franco editore, dove il libro risulta tuttora in commercio. Mario Giorgi, dopo averlo letto più volte sia in ALIA che in ALIA Evo che negli altri testi che pubblicò in seguito, non è un autore facile né amichevole ma resta un fenomeno raro per la letteratura italiana, a cavallo tra la narrativa, la psicologia, la matematica e il teatro. La sua «debolezza» fondamentale è quella di essere (anche) un autore di fantascienza, sia pure una sf originalissima e declinata secondo i suoi particolari criteri. Sono felice di averlo conosciuto e di poter leggere con cadenza annuale i suoi nuovi testi, convinto come sono che Giorgi sia uno scrittore straordinario e inimitabile.
E adesso il testo della recensione a suo tempo pubblicata da LN-LibriNuovi.
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È inconsueto che una rubrica di recensioni si occupi di un libro non (ancora) pubblicato ma, come tutti sanno, LN non è una rivista come le altre, esattamente come la CS non è una libreria come le altre. Così, con il permesso dell’autore, procederò – per la prima volta dalla nascita di LN – a recensire un libro fantasma.
Torpore è un romanzo lento, allucinato, spettrale. Raccontato un prima persona dal fratello del protagonista (non è un errore di battitura, il protagonista ha programmaticamente scelto di non intervenire), è un testo volutamente paradossale, dove per paradosso si intende quello celeberrimo di Achille e la tartaruga.
In matematica non solo l’insieme totale dei numero è infinito ma anche quello dei numeri compresi tra 0 e 1, tra 1 e 2 eccetera. Il romanzo di Giorgi mi è apparso come la realizzazione narrativa degli incommensurabili infiniti matematici. L’Io narrante, fantasma di un io narrante reale, si sforza di comprendere, di narrare, ma nel farlo si interroga, solleva dubbi sulla sua capacità di esprimere ed esprimersi, lascia emergere incertezze, parzialità, equivoci. Tenta inutilmente di di approssimarsi all’unità – intesa sia in senso matematico che esistenziale –, alla comunione con il fratello dal quale si sente incomprensibilmente separato. Come in Codice e in Biancaneve il protagonista, descritto con humour dalle tonalità surreali, finirà per approdare alla pura e semplice paralisi e il suo passaggio nell’esistenza rimarrà incomprensibile, forse irrilevante.
Ho particolarmente apprezzato la sostanza visionaria e rallentata che ricorda opere come L’invenzione di Morel di Bioy Casares ma anche (e forse più) opere cinematografiche come Solaris di Tarkovskij.
Non si tratta di un romanzo facile, com’è ovvio, e per alcuni versi indica un profondo mutamento nel modo di narrare di Giorgi, meno lineare e evidentemente più profondamente legato al piacere dell’assurdo.
Non posso che augurargli di trovare presto un editore tanto saggiamente sconsiderato da pubblicarlo.
Mario Giorgi, Torpore, Porto Franco edizioni, pp. 220, € 7,75
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