Il gioco della masca, di Consolata Lanza [*], editore Filema è un vecchio libro ma sempre meritevole di attenzione e che si può recuperare sia in forma cartacea che in forma di e-book. Tre racconti lunghi accomunati da una ponderata, misurata cattiveria. Non malignità, attenzione, proprio cattiveria, quel nobile e vituperato sentimento che vi fa diffidare di emozioni, sentimenti, pensieri, riflessioni troppo esibiti e gridati. Nel primo dei tre racconti, che dà il titolo alla raccolta, una masca, in questo caso un fantasma dispettoso, « … una creatura sul finire dell’infanzia (…) gli occhi così chiari che sembravano fatti d’acqua » avvicina una ragazza, le si confida raccontandole la crudele storia della propria morte, la affascina, la spaventa, le spalanca davanti abissi di orrore che l’altra, semplice contadina, mai avrebbe immaginato. La masca calca i toni, descrive crudeltà, perversioni sessuali, magie nere, odî inestinguibili, indugia su particolari repellenti e sanguinosi, forse per il desiderio di giocare uno scherzo bizzarro alla propria vittima o forse perché, sola da un’infinità di tempo, anche lei desidera compagnia. L’autrice non scioglie l’ambiguità e con attenzione riesce a cogliere e narrare due passaggi cruciali della vita, quello dall’infanzia all’adolescenza, incarnato dalla masca, e quello dalla giovinezza all’età adulta, nel personaggio di Ghitona, la contadina.
Il secondo racconto, Mezza Anguria, è basato su un tema che può ricordare La Bella e la Bestia, anche se la favola è qui distorta e rovesciata in una vicenda sordida e paradossale. Il deforme Mezza Anguria vive letteralmente grazie all’orrore che suscita, la fanciulla che lui desidera accetterà di unirsi a lui esclusivamente per denaro e, com’è ovvio, non esiste happy ending. Ma l’autrice riesce a evitare sia i patetismi che le tonalità troppo cupe e il suo Mezza Anguria, mostro di provincia, ha tutta la sorprendente complessità di un personaggio che osservi la vita da una posizione estrema.
Discorso non dissimile per il terzo, beffardo, racconto, La Veglia della ragione (un evidente sberleffo al Sonno della Ragione), apparentemente teso a mostrare il danno che possono fare le buone intenzioni di genitori coscienziosi su fanciulli ignari, in realtà una parabola sull’imprevedibilità delle pulsioni umane.
Consolata Lanza riesce nella faticosa impresa di narrare con modi freddi e cerebrali passioni roventi ed emozioni eccessive: il risultato è una scrittura tersa, rarefatta, esatta, come avrebbe detto Calvino.
Consolata Lanza, Il gioco della masca, Filema 1997, pp. 130, € 9,30
idem, formato e-book kindle, € 0,89
[*] come noterete Consolata Lanza fa parte della redazione di LN-LibriNuovi. Ma questa recensione è stata scritta e pubblicata prima del nostro incontro e del suo reclutamento. Quindi se volete pensare male, fatelo pure, ma sappiate che le vostre insinuazioni non ci fanno nemmeno il solletico.
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