Retrofuturo di Vittorio Curtoni, ShaKe edizioni Underground è una “vecchia” antologia che contiene alcuni racconti tratti dalla produzione meno recente dell’ex direttore di «Robot» e racconti scritti negli anni Novanta, scadenzati dal racconto autobiografico di carriera, passioni, desideri esauditi, frustrazioni, fallimenti e successi.
Per uno come me leggere questo genere di paratesto ha davvero qualcosa di leggendario, un po’ come spiare gli attori dal proscenio. «Robot» – e il suo direttore – sono stati fondamentali nella mia formazione intellettuale. L’approccio onesto e rigoroso alla narrativa, l’assoluta mancanza di spocchia intellettuale, l’atteggiamento amichevole e aperto (ma fermo) nei confronti dei lettori, senza compiacimenti né ammiccamenti, sono state altrettante lezioni anche per un parvenue del mondo letterario come il sottoscritto. «Robot» è stato un vero miracolo, durato soltanto per trenta numeri – due anni e mezzo – defunto per tanti motivi, non ultima la fatica sovrumana di fare di ogni numero un unicum, di proporre sempre qualcosa di nuovo, non banale, stimolante.
E poi «Robot», abbiate pazienza, era una vera rivista radicale, la dimostrazione pratica di che cosa è capace di combinare un gruppo di persone che lavorano appassionatamente e in libertà, senza preoccuparsi di amicizie influenti, ambienti intellettuali, protezioni dal mondo politico. Infatti ha chiuso troppo presto. Ma ha lasciato una traccia importante: ha dimostrato che si può fare.[*]
Per venire ai racconti ricordo volentieri quelli che già a suo tempo ho letto: La Luce, allucinato diario di un naufragio su un pianeta davvero troppo luminoso e Sindrome lunare, basato sulla giustapposizione dei monologhi di pochi sopravvissuti a una guerra basata sull’uso di sostanze psicotrope e allucinogene. Un racconto gelido e nettissimo che, come molti altri dell’antologia, lascia a lungo nel lettore la sensazione di aver colto – anche solo per un attimo – la vera realtà delle cose.
Per quanto riguarda i racconti inclusi nella prima antologia di Curtoni, classicamente ballardiano – anche per ammissione dell’autore – L’esplosione del Minotauro e desolatamente politico La dignità della volpe, un racconto nato da uno spunto terribile: «E se il futuro, per un ipotetico viaggiatore del tempo risultasse assolutamente identico al presente?». Una di quelle speculazioni che mostrano bene le possibilità della sf di illustrare metaforicamente il presente parlando di un possibile futuro.
Ma ci sono dei difetti, sia chiaro. Il primo e il più grave è l’impazienza. Curtoni era un autore un po’ selvatico, uno che aggredisce, alza la voce, narra senza preoccuparsi di altro. Il risultato è una serie di racconti acuminati, scabri e qualche volta frettolosi e un po’ troppo assertivi. Viene il dubbio che Curtoni sia il primo a non voler credere al proprio mestiere di autore, tanto da tenere volutamente un atteggiamento di sfida, come a dire: «Anche se ‘sti racconti non ti piacciono, pazienza, io ho cose più serie da fare…».
Specularmente, il principale difetto di questi racconti si può rovesciare in pregio. La sintesi, l’ellissi, l’emozione carsica che si rivela improvvisamente costringono il lettore a un’attenzione costante. Non danno scampo, non permettono distrazioni. Qualcosa di molto diverso dalla narrativa italiana più tradizionale, così preoccupata di coccolare il lettore, di tenerlo ben bene al calduccio in compagnia della sua mediocrità, dei suoi piccoli desideri e delle sue piccolissime frustrazioni. Pensate a De Carlo o a Bariccco e poi capirete quanto sono preziosi gli autori selvatici come Curtoni…
Vittorio Curtoni, Retrofuturo, ShaKe Edizioni Underground, 1999, pp. 240, ill., € 12,91
[*] «Robot» dal 2003 è rinato ed esiste ancora, riesumato da Delos. Si può trovare qui: http://www.fantascienza.com/robot/
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