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    La vita degli animali di J.M.Coetzee

    • di Silvia Treves
    • Ottobre 7, 2015 a 9:35 am

    vita degli animali

    La vita degli animali di J.,M.Coetzee è un esempio elegante di metanarrativa, un’efficace perorazione per i diritti degli animali e una riflessione sul nostro essere umani.
    Il libro raccoglie il testo delle due conferenze tenute da Coetzee nel 1999 per le Tenner Lectures promosse dal Center for Human Values dell’Università di Princeton e le repliche alle sue riflessioni di alcuni studiosi di tutto rispetto: Marjorie Garber, teorica della letteratura, Peter Singer, filosofo, Wendy Doniger, studiosa di storia delle religioni e Barbara Smuts, primatologa. Il testo è preceduto da un’introduzione di Amy Gutmann, docente universitaria e direttrice del Center for Human Values.
    Il testo delle due conferenze è in forma di racconto, o piuttosto è racchiuso da una cornice narrativa: l’anziana scrittrice Elizabeth Costello, autrice, tra l’altro di un romanzo apprezzato come «romanzo femminista genuinamente innovatore» viene invitata a tenere presso la Appleton University, istituzione fittizia che, guarda caso, ricorda anche nel nome l’Università di Princeton, due conferenze su un argomento di sua scelta. Invece di parlare di letteratura, come tutti si aspettano, Elizabeth sceglie di parlare dei diritti degli animali, dal punto di vista dei filosofi e dei poeti. Proprio ad Appleton insegnano anche il figlio di Elizabeth, che si occupa di astronomia, e Norma, la nuora che studia filosofia della mente. Naturalmente, il testo delle conferenze di Elizabeth è il testo delle due conferenze di Coetzee, ma è anche qualcosa di più: insieme argomentazione e replica (Elizabeth risponde alle obiezioni del pubblico e sostiene amichevolmente il proprio punto di vista durante la cena ufficiale), ha anche il sapore del rapporto difficile tra Norma, spesso apertamente ostile, e la vecchia signora. Perché anche questo è Elizabeth: una donna anziana

    […] suo malgrado è turbato da quanto è invecchiata. I capelli, un tempo striati di grigio, ora sono tutti bianchi; ha le spalle curve e la pelle è ormai flaccida»), che odora «[…] di crema idratante, di pelle vecchia.

    Coetzee è perfettamente a suo agio nei panni del saggista colto ed elegante, capace di sostenere il proprio punto di vista e insieme di metterlo in discussione, di parare, per così dire, le possibile obiezioni del pubblico e dei lettori, di non compromettersi, nei confronti di se stesso prima che nei confronti degli interlocutori, schierandosi apertamente. La scelta di affidare le proprie tesi a un personaggio, di discuterle nel corso della medesima conferenza, gli consente di prendere le distanze, di spuntare le armi dei critici senza scontentare i compagni di strada. Per di più queste due conferenze entro due conferenze sono un esempio prezioso di sapienza letteraria.

    JM-Coetzee1

    J.M.Coetzee

    Ma che ha a che fare tutto questo con i diritti degli animali, con i valori umani che sono l’obiettivo e la ricerca degli organizzatori delle Tenner Lectures, e soprattutto con la narrativa postcoloniale? Me lo sono chiesta anch’io, francamente, e sono stata a lungo in dubbio se inserire la recensione del libro in questo spazio, temendo che – come me quando ho aperto il libro per la prima volta – chi sta leggendomi si aspettasse qualcosa di diverso. Poi ho ricordato le riflessioni di Nadine Gordimer sul ruolo più vero dello scrittore: quello di seguire la propria ispirazione e le proprie visioni, che – se lo scrittore è «onesto» (cioè coerente) – sono il modo più autentico di parlare «politicamente» del presente, al di là delle dichiarazioni di principio e del sostegno alle cause.
    E allora eccomi qui a parlare di La vita degli animali, che è anche il racconto del mondo visto da una donna anziana che è un’abile argomentatrice e che sventa in modo singolare i tentativi del suo avversario nel dibattito, O’Hearne, professore di filosofia, che accusa il movimento per i diritti degli animali «una crociata dell’Occidente contro le pratiche del resto del mondo», insomma, un’altra dimostrazione, se ce ne fosse ancora bisogno, della nostra convinzione di poter parlare per tutti e afferma che

    […] gli animali non possono godere dei diritti giuridici perché non sono persone, nemmeno persone potenziali come lo sono i feti […] non sono in grado né di rivendicare [i diritti] né di far valere, e anzi nemmeno di comprendere.

    Infine, afferma il docente, pur con le dovute cautele e sostenendo che abbiamo il dovere di non essere crudeli con gli animali, «[…] è lecito uccidere gli animali perché la loro vita non è importante per loro come la nostra lo è per noi». Elizabeth non tenterà di battere O’Hearne sul suo terreno, quella della semplice razionalità, ma allargherà la sfera della ragione umana a una comprensione più ampia che non rinuncia a essa ma le affianca altre guide: l’immaginazione e l’empatia. La prima ci permette di metterci nei panni, «nel corpo» altrui, degli animali, in questo caso. «Che cosa si prova a essere un pipistrello» si chiedeva il filosofo Thomas Nagel in un suo noto saggio, concludendo che l’esperienza era fuori portata, che la gabbia della nostra mente umana ci preclude per sempre quell’esperienza. Elizabeth nega:

    […] talvolta, per qualche istante … so che cosa si prova a essere un cadavere. È qualcosa che mi ripugna. Mi riempie di terrore … Tutti noi conosciamo momenti simili, soprattutto quando invecchiamo. La nostra conoscenza non è astratta… bensì incarnata. Per un istante noi siamo quella conoscenza.

    Se siamo capaci di questo, non possiamo, non dobbiamo, esorta Elizabeth, rifiutarci di superare la barriera apparente tra noi e loro, gli animali. L’empatia, che «[…] ha tutto a che fare con il soggetto e poco a che fare con l’oggetto, con l’altro», può venire in soccorso, farci entrare nei panni dell’altro, farci conoscere che cosa prova.

    cornacchie
    Possiamo condividere o meno le convinzioni di Elizabeth Costello, possiamo ritenere o meno valide le sue argomentazioni, che vengono riprese e «rivoltate» dagli altri… in saggi brevi ma di buono spessore: Marjorie Garber analizza le implicazioni letterarie e metaforiche dei testi di Coetzee, concludendo: «Abbiamo creduto che John Coetzee parlasse gli animali. Non può essere invece che si domandasse: “qual è il valore della letteratura?”». Peter Singer per rispondere a Coetzee e puntualizzare alcune differenze di vedute scrive un arguto racconto dove, discutendo con sua figlia davanti al tavolo della colazione, si chiede (e si risponde) come affrontare questa conferenza che non è una conferenza ma un racconto. Wendy Doniger ribatte punto per punto alle obiezioni di O’Hearne e Barbara Smuts, con buona pace di Nagel, ci narra che cosa si prova a essere un babbuino e un gorilla.
    Personalmente ero già convinta che gli animali vadano trattati con kindness (per sottolineare, come afferma Elizabeth che apparteniamo al medesimo kind, genere e che non vi sono discontinuità tra «noi» e «loro»), ma Elizabeth, e Coetzee prima di lei, solleva una questione ben più generale e complessa, quella cioè del riconoscimento o meno agli animali di diritti giuridici, una questione che non ritengo di poter affrontare qui e sulla quale condivido le perplessità e le domande che poneva Enrico Barbero in una sua recensione al saggio di Cavalieri (La questione animale, Bollati Boringhieri, 1999).
    Ho comunque ammirato la coerenza dell’anziana conferenziera, e soprattutto la dignità del suo parlare. E ho provato rabbia, ma anche comprensione per quella sua nuora sicura del suo intelletto e ipersensibile alle blande ma continue ingerenze della suocera nell’educazione etica dei suoi figli, una suocera ingombrante che il figlio, del quale ho disapprovato ma compreso il tentativo di mantenere le distanze, preferisce dimenticare, tra una visita e l’altra. Ma soprattutto ho provato angoscia, nel sentirmi vecchia con Elizabeth, spaventata dal futuro, e soprattutto dalla mia possibile incapacità di entrare in sintonia col mondo e con gli altri.
    Che abbia ragione Elizabeth? Che l’empatia sia uno strumento di conoscenza? Che Coetzee, oltre che di animali (e certamente di letteratura) intendesse parlare della nostra umanità? Che questo sia un argomento molto appropriato per uno scrittore postcoloniale ? Non lo so. Ma sto in campana, e mi guardo attorno, perché sospetto che abbia ragione Barbara Smuts quando dice

    […] per rapportarsi agli altri (umani e non) in questo modo occorre rinunciare a un controllo su di loro e su come essi si rapportano a noi. Noi temiamo questa perdita di controllo, ma essa è un piccolo prezzo da pagare per i doni che riceviamo in cambio.

    J.M.Coetzee, La vita degli animali, Adelphi, 2000, ed. or. 1999, 146 pp., € 14,00, trad. Franca Cavagnoli, Giacomo Arduini

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