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    La lingua dell’annullamento: Victor Klemperer

    • di Massimo Citi
    • Settembre 8, 2015 a 11:03 am

    lti-klemperer
    Victor Klemperer, ebreo sposato con un’ariana, fino al 1935 insegnò letteratura francese all’università di Dresda. Scacciato dall’università, riuscì ad evitare il campo di sterminio grazie al matrimonio misto, ed il suo diario, uscito nel 1982 e concepito in forma di testimonianza quotidianamente redatta, rappresenta tuttora un formidabile strumento per la conoscenza della vita quotidiana nella Germania del Terzo Reich. LTI è un estratto dal testo del diario, che raggruppa tutte le osservazioni che riguardano espressamente la lingua del Terzo Reich.

    … Nonostante la sua lunga esistenza e la sua diffusione la LTI rimase povera e monotona, “monotona” proprio in senso letterale. (…) La LTI era povera, non solo perché ognuno era obbligato a seguire lo stesso modello, ma soprattutto perché, nella sua limitatezza autoimposta, poteva esprimere solo un lato della natura umana.

    Siamo solo a pagina 41, ma uno dei temi di riferimento del libro è già fissato. Klemperer, studioso delle letterature e delle filosofie francese e tedesca del 18° secolo e appassionato filologo, annotava e rifletteva sulla materia per lui più familiare, la lingua. Il suo lavoro non ha nulla del trattato, non ne possiede la sistematicità inesorabile ed è povero di riferimenti bibliografici. È fatto di annotazioni minute, riflessioni che nascono dalla lettura di un giornale o dall’ascolto della radio, dalla conversazioni quotidiane. D’altro canto l’ebreo Klemperer ha grandi difficoltà nel procurarsi giornali, non può possedere libri, andare al cinema o ascoltare la radio. Curiosamente, in quanto ebreo non può neppure ascoltare i discorsi del Führer:

    … Non l’ho mai visto nè ascoltato direttamente, agli ebrei era vietato… potevo sentire i suoi discorsi in tutto o in parte dagli altoparlanti, per la strada o in fabbrica.

    Ma le sue note sono comunque estremamente penetranti, accurate, in qualche caso sarcastiche o rabbiose. Klemperer è costretto a citare a memoria, si procura riferimenti letterari solo con gravi rischi, fa le sue annotazioni dove può, cercando di passare inosservato. È un uomo stanco, umiliato, nauseato dalla propaganda nazista, ma non cessa mai di essere anche un ricercatore, di cercare di comprendere, di definire. Le sue osservazioni prendono spunto da fatti minimi, dalle discussioni in fabbrica, dai dialoghi sentiti per strada, dai commenti di un vicino di casa. E tutte riferiscono di una presenza costante, ossessiva della LTI, delle sue categorie sommarie e brutali, del suo lessico insieme ultranazionalista, infiltrato di termini resuscitati dall’antico sassone, ma anche sorprendentemente latini:

    La parola straniera fa impressione, tanto più quanto viene meno compresa; proprio perché non viene compresa fuorvia, stordisce, soverchia il pensiero.

    Bild1

    Victor Klemperer

     

    La proliferazione di sigle, l’abuso dei caratteri runici (del quale solo la “S” a forma di fulmine delle SS diverrà sciaguratamente nota), il costante uso dell’Io autoritario in ogni comunicazione ufficiale, ben oltre i limiti del ridicolo (l’autore riceve la comunicazione che «Io le ho riservato un paio di pantaloni da lavoro usati, da ritirare presso… Il capo della Polizia [di Dresda]»), l’uso costante dei superlativi, la studiata arcaicizzazione delle forme verbali, la meditata reificazione nei riferimenti a particolari categorie razziali e sociali (Stück, pezzi, erano definiti i deportati da eliminare mediante i forni crematori), danno un quadro ricchissimo del sistema linguistico di potere creato dal terzo Reich.
    Alcuni capitoli, in particolare, sono dedicati ai proclami radiofonici di Goebbels, e a come le sue scelte linguistiche e lessicali andassero letteralmente a “formare” il linguaggio, anche il più comune.
    Un piccolo volume prezioso, a tratti sarcasticamente divertente, più spesso tenacemente interrogativo, un libro capace di porre numerose domande anche sulla lingua dei media alla quale siamo quotidiamente esposti.

    ewige jude

    Victor Klemperer, LTI, La Lingua del Terzo Reich – Taccuino di un filologo
    La Giuntina 1999, 2008, ed. orig. 1974, prima ed. italiana 1988, pp. 354, € 20,00, Trad. Paola Buscaglione

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    Tag: FilologiaistantaneeNazismoRecensioniTerzo ReichVictor Klemperer

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