L’edizione originale di Sintetizzatori Umani (Synners) di Pat Cadigan, ShaKe Edizioni, è del 1991 ma è arrivato in Italia solo nel luglio del 1998. E non si tratta di aspetto secondario per la lettura, infatti molte delle suggestioni e degli aspetti più inquietanti della possessione elettronica raccontati nel romanzo rischiano di apparire già detti e letti. Nella realtà Pat Cadigan è stata uno dei primi autori ad affrontare il tema del cyborg mediatico, ovvero della creatura parte cibernetica e parte umana, e gran parte di ciò che è stato pubblicato successivamente (ma uscito prima nella traduzione italiana) ha battuto una delle strade segnate in questo libro.
Sorge spontanea la domanda: perché sette anni di ritardo?
Ci sono alcuni buoni motivi: le dimensioni del romanzo, innanzitutto – 398 pagine – in secondo luogo la complessità della traduzione e la scarsa o nulla conoscenza dell’autrice da parte del pubblico italiano.
Che la traduzione sia stata laboriosa e complessa lo si può intuire dai risultati. Duole dirlo ma Giuliana Giobbi, traduttrice oltre che di Cadigan anche di Kadrey, in questo caso non sempre ha dato il meglio di sé. Il ritmo freddamente e oniricamente descrittivo di Cadigan è, in alcuni passaggi, divenuto, per la traduzione affrettata (o forse semplicemente affannata) una lunga elencazione di gesti e movimenti resi con pignoleria ma senza la minima attenzione alla cadenza della frase. Come molti autori americani moderni Cadigan fa abbondante uso di frasi brevi, incisi frequenti, cambi di punto di vista. Nella traduzione italiana la ricchezza lessicale e il movimento in scena vanno persi, con il risultato di rendere la lettura a tratti faticosa e spesso pedestre. Ma, come sempre, prendersela col traduttore ignorando i tempi di consegna del manoscritto e la mercede a suo tempo assegnata non è del tutto corretto, quindi si tenga conto anche dei problemi non dichiarati.
Tuttavia, nonostante i difetti dell’edizione italiana, Synners è un romanzo di valore assoluto, un’efficace rappresentazione degli incubi anni ’90 ma anche una puntuale ricognizione delle aberrazioni commerciali attuali e prossime venture.
I Synners sono individui capaci di innestarsi direttamente sulla rete telematica e produrre video musicali «espressione diretta dell’attività onirica». Ovviamente la scoperta, frutto del lavoro di una piccola casa indipendente, viene subito monopolizzata da una colossale major che non si preoccupa più che tanto di verificarne eventuali rischi ma cerca di sfruttarla il più rapidamente possibile, puntando sulle possibili applicazioni erotiche di una connessione che permette di trasformare le fantasie sessuali in realtà virtuale. Come finisca la storia non è difficile da immaginare per un lettore allenato ai temi del Cyberpunk, ma il modo nel quale si perviene all’Armageddon finale non ha nulla di ovvio e lascia al lettore più di qualche inquietudine sullo sviluppo apparentemente senza limiti della rete telematica e sui disegni delle grandi imprese della comunicazione.
Cadigan in rapporto ad alcuni degli autori più noti del genere è dotata di una lucidità politica e di un’ampiezza della visione che, come scrisse la rivista Locus, rendono gran parte del cyberpunk «un fumetto». A titolo personale posso solo aggiungere che trovo curioso come, nonostante le infinite ciance sulla virtualità e sulle nuove modalità narrative, si possa « entrare» nel mondo telematico passando per l’antica porta del romanzo. Forse il problema sta nel fatto che di veri scrittori in circolazione ce ne sono sempre e comunque troppo pochi?
Pat Cadigan, Sintetizzatori umani (Synners), ShaKe Cyberpunkline 1998, pp. 400, € 14,46. cur. Sandrone Dazieri, trad. Giuliana Giobbi
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