Pat Cadigan misteriosamente – come molti grandi autori ricchi di interessi “sociali” – sa dove abita il modo peculiare di percepire la realtà tipico degli sconfitti.
Mindplayers pubblicato da Shake- edizioni Underground è la storia di Allie la Sfinge ex-tossicomane di un tipo molto particolare, divenuta terapeuta/visitatrice di sconvolti e alienati. Il novum del romanzo sta nella possibilità di noleggiare una personalità, cedere i diritti sulla registrazione e riproduzione della propria, confondere il proprio unicum con quello di qualcun altro per comprendersi (ma anche per annullarsi). Una prospettiva vertiginosa che ha portato allo sviluppo di mindplayers,un’interfaccia cervello-computer che permette di proiettarsi nella mente altrui per ricercare l’elemento di squilibrio.
Nel corso del suo apprendistato, Allie – obbligata come qualunque psicoterapeuta serio a confrontarsi innanzitutto con i fantasmi del proprio io – incontra McFloy, un succhiato:
… succedeva per lo più ad artisti, (…) compositori, ballerini, scrittori…proprio nel momento in cui stavano per ottenere il primo riconoscimento ufficiale… Era accaduto anche a McFloy. No, non a McFloy, ma a una persona completamente diversa, che era stata poi ricoverata in ospedale con il cervello intatto ma svuotato.
E il fatto è che anche noi lettori incontriamo McFloy e attraverso la sua vicenda comprendiamo presto (siamo a pagina 60, più o meno) in che tipo di mondo ci troviamo.
Il romanzo continua su questo tono, raccontando – in prima persona – degli interventi di Allie: esperienze allucinate, estreme che ne modificano profondamente la percezione di sé e del mondo. Autistici, succhiati, menti duplici, mutilati emotivi: personalità insufficienti, incomplete, ossessionate, nascoste dietro volti quieti, solo raramente smarriti o inespressivi, una galleria di incontri che tenta di comporre il ritratto di una società dall’interno.
Cadigan si cimenta (con successo) in un bildungsroman inconsueto, scandito da appuntamenti con altrettanti ego instabili, inafferrabili, tanto unici quanto insondabili. Parallela alla vicenda di Allie quella di Jerry Wirehammer, ex-compagno di avventure illegali che gradualmente mette in vendita la propria personalità per garantirsi un’allucinante sopravvivenza. Wirehammer vende registrazioni di ricordi, modi, gesti – la sua “maschera” è per un breve periodo “di moda” – e mette in circolazione anche copie contraffatte del proprio sé (cioè non regolarmente cedute alla società che lo commercializza) e nel tentativo di non perdere l’interesse del pubblico cerca di ricostruire ricordi perduti e inventare caratteristiche mai possedute. La spirale delle piccole e grandi illegalità, dei sotterfugi, delle piccole astuzie, il terrore di perdersi ma anche quello di essere dimenticato finiscono per travolgerlo definitivamente. Sono pagine intense, piene di un senso del fato che (inevitabilmente) ricorda la tragedia classica e insieme ricche delle lucide suggestioni dei grandi temi della letteratura fantastica. La Cadigan dimostra che sull’angoscia della perdita del sé – uno dei soggetti più intensi e onirici della narrativa di ogni tempo – si possono dire cose nuove, “ovvero raccontare con nuove parole le storie di sempre”, e non è certo poco per uno scrittore.
Pat Cadigan, Mindplayers
Shake ed. Underground 1996, pp. 240, € 11,88, cur. Sandrone Dazieri, trad. Nicoletta Vallorani
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