Ogni giorno dobbiamo combattere per sopravvivere. Sul fronte esterno, contro il tempo mai sufficiente, i prezzi in costante aumento e lo stipendio che non ci garantisce di arrivare a fine mese, i genitori che ci colpevolizzano, i figli adolescenti che ci stressano. il traffico caotico, il rumore, i vicini cafoni. il tizio che ci ha fregato l’ultimo posto del parcheggio… ce ne sarebbe già più che a sufficienza.
Invece non basta. ci sono altri nemici, più subdoli e più ambigui, dentro di noi: ossessioni, paure, sensi di colpa, timori di inadeguatezza, il dubbio di non farcela. Dolori, rancori, rimpianti. E malattie: il nostro corpo, quella macchina efficiente, il nostro servitore devoto. Che invece, stava solamente aspettando l’occasione buona. Per rivoltarsi contro di noi, per fregarci.
I nemici esterni sono inelusibili, ci pressano da vicino, li conosciamo bene. facciamo del nostro meglio per fronteggiarli a viso aperto.
Ma gli altri? I danni inflitti al corpo dal tempo e dalla genetica, silenziosi «errori» che non danno segno di vita per decenni? Le presenze interiori che nemmeno avvertiamo e alle quali regaliamo la plausibilità di realtà esteriori? I ricordi cristallizzati, i rimorsi, il «destino» che ci spinge inesorabile a compiere ciò che non vorremmo? Forse le esorcizziamo con riti ossessivi che agli altri sembrano soltanto innocue o fastidiose manie. Forse li teniamo Forse, per narrarli a noi stessi, consentiamo loro di prendere le sembianze di qualcos’altro, di qualcun altro. Di ombre. di fantasmi.
Yarada Hideo – il protagonista di Estranei di Yamada Taichi – è un uomo di mezz’età, autore di sceneggiature televisive, con il conto in banca prosciugato dal recente divorzio. Per limitare le spese, si è stabilito nell’appartamento prima utilizzato come studio, in una palazzina di uffici affacciata sulla trafficatissima statale 8 di Tokyo. Quando giunge la sera e gli impiegati se ne vanno abbandonando l’edificio ai pochi residenti, gli appartamenti vicini si svuotano e le finestre buie occhieggiano nelle notti estive sul parcheggio vuoto. Il silenzio e la solitudine danno alla testa come l’alcol, e questo probabilmente spiega la strana visita che Hideo riceve una sera da una vicina inopportuna in cerca di compagnia. Dispiaciuto di averla quasi cacciata via, l’uomo cerca di farsi perdonare invitandola per un aperitivo; la donna è una conversatrice gentile e possiede un certo fascino e presto il loro rapporto diventa intimo.
Una sera, in cerca di ispirazione per la serie, e di un motivo per non tornare a casa, Yarada passeggiando senza meta, si ritrova alla stazione della metropolitana.
«Per Shubuya e Omotesando. Per Asakusa e Ueno» le due direzioni di quella particolare linea … Mi sembrava di non vedere quel nome da secoli. Asakusa era il posto dov’ero nato
Nel vecchio quartiere dove aveva trascorso l’infanzia prima che I genitori morissero in un incidente stradale, Hideo incontra un uomo, poco più giovane di lui, che somiglia in maniera incredibile al padre di un tempo; l’estraneo lo tratta con una sollecitudine piena di confidenza al quale Hideo si abbandona grato, senza fare domande. Lo segue in una casa piccola e pulita dove trova una donna meravigliosamente simile alla madre perduta…
Delicato e compassionevole, mai consolatorio, Estranei è un riuscitissimo connubio tra racconto minimalista e gothic tale, scritto con attenzione ai dettagli e concentrazione, una sorta di lungo haiku (il paragone non è ovvio come sembra) dove le parole risuonano significati non detti e al contempo scorrono lievi, e il paesaggio urbano, quello pietrificato del condominio silenzioso e della superstrada e quello saturo di ricordi infantili di Asakusa è uno specchio perfetto degli stati d’animo e dello spaesamento di Yamada, del suo perdersi e ritrovarsi più maturo.
Yamada Taichi, Estranei
Nord 2005, pp. 208, trad. Martini A.
testo non più in commercio, disponibile su ebay: http://www.ebay.it/itm/ESTRANEI-Taichi-Yamada-ZCG153-/360268688114
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