Che Conan Doyle abbia utilizzato un modello reale per il personaggio Holmes non è una novità: si tratterebbe di un suo docente universitario, fautore rigoroso del metodo deduttivo applicato alle scienze. Con questo romanzo, il primo di una serie, David Pirie paga il debito che tutti gli holmesiani hanno con Conan Doyle regalando a lui e al suo maestro un enigma da risolvere insieme alla maniera di Holmes e Watson.
Deciso per ragioni economiche ed esistenziali ad abbandonare gli studi di medicina, il giovane Conan Doyle viene convinto a continuarli da Joseph Bell, docente eterodosso e un po’ misterioso, che lo nomina suo assistente e lo coinvolge in indagini riservate, insegnandogli il metodo di indagine che renderà famoso Holmes. Come un Watson più giovane e pieno di speranze, Doyle segue il maestro fino a quando il destino lo colpisce negli affetti più cari. Ma, anche a distanza di anni, Bell resta un importante punto di riferimento per il giovane medico che gli chiede aiuto per risolvere il caso di una bella paziente disturbata da sogni e visioni inspiegabili. L’indagine – svolta nella provincia inglese vittoriana, perbenista e restia a rivelare i suoi segreti – si colora di tinte gotiche e notturne; Bell mantiene la rotta ma spesso è l’impulsivo allievo, innamorato della paziente, a trovare svolte e indizi importanti. Insieme risolveranno il caso, scoprendo ciò che entrambi avrebbero preferito non sapere.
Interessante contaminazione tra mistery, storia gotica e romanzo di formazione, il romanzo di Pirie regala spessore al personaggio di Holmes, offrendogli un modello «reale» meno coerente e vittima di dubbi e ripensamenti, portatore di un antico dolore e quindi più umano.
L’attenzione per i personaggi e la cura per l’ambientazione fanno di Gli occhi della paziente un romanzo insieme più moderno e più lento rispetto alle vere indagini di Holmes, scontentando così qualche purista, ma vale senz’altro la pena di leggere la prossima avventura di Bell e di Conan Doyle.