Il Diario di Izumi Shikibu, scritto probabilmente nella prima metà del XI secolo, rappresenta, con altri capolavori quali il Makura no sôshi (Note del guanciale) di Sei Shônagon e il Genji monogatari (Storia di Genji-Il principe splendente) di Murasaki Shikibu, uno dei grandi classici del periodo Heian (794-1185) e il vertice della letteratura delle dame di corte dell’epoca.
Di attribuzione incerta – secondo alcuni studiosi forse a opera della stessa dama Izumi Shikibu (976?-?) – oscilla ambiguamente tra diario, narrativa, e raccolta poetica tanto che la dicitura nikki (diario) è quanto mai fuori luogo in questo caso essendo spesso il testo in prosa quasi una semplice introduzione alle varie poesie (quasi centocinquanta) scritte e scambiate vicendevolmente dai due protagonisti: Izumi Shikibu e il principe imperiale Atsumichi. Questa era una prassi comune nei rapporti sentimentali tra uomini e donne delle classi nobili dove, più che l’aspetto fisico, era importante la conoscenza della letteratura e della poesia, della calligrafia e dei profumi.
Narrato in terza persona dalla parte della dama (motivo per il quale altri studiosi ritengono non ne sia lei l’autrice, ma che piuttosto si basi semplicemente su testi di pugno della poetessa), descrive il loro rapporto amoroso nel periodo che va dall’aprile del 1003 al gennaio del 1004. Tale relazione, realmente avvenuta e documentata, suscitò al tempo un grande scandalo non solo perché precedentemente la donna era stata intima del fratello maggiore di Atsumichi (981-1007), il principe Tametaka (977-1002), ma in quanto c’era un profondo divario sociale tra i due. Lei era semplicemente la figlia di un governatore di provincia, mentre Atsumichi era il figlio dell’imperatore con la possibilità di salire al trono.
Atsumichi, affascinato dalle qualità della poetessa, continuò la relazione provocando le ire della moglie, la figlia del potente nobile Fujiwara no Naritoki, la quale decise infine di abbandonare la dimora del marito quando il principe condusse Izumi Shikibu a vivere con lui.
È perciò naturale che molti biasimassero la donna considerandola, anche a causa delle numerose relazioni precedentemente avute (d’altra parte la società Heian era poligamica e molto libera per quanto riguardava i rapporti amorosi), una persona frivola e poco seria.
La bellezza fuori del comune di Izumi Shikibu e soprattutto il suo genio poetico e la vastissima cultura per le quali è giustamente considerata la migliore tra le poetesse dell’era Heian (se non la migliore in assoluto anche includendo gli uomini), ne hanno fatto in seguito un personaggio ammirato sul quale si sono intessuti diversi racconti. Nelle sue poesie è indubbiamente possibile osservare tutto il temperamento di una donna estremamente passionale.
La traduzione di Carolina Negri, esperta di letteratura giapponese classica e già curatrice anche di La principessa di Sumiyoshi (2000) e Le memorie della dama Sarashina (2005) ugualmente editi da Marsilio, è eccellente. Inoltre le ampie note esplicative sono assai utili per chi volesse approfondire ulteriormente la conoscenza di questo classico.
Certo essendo un testo di mille anni fa la lettura può richiedere più concentrazione di quanta ne occorrerebbe per un romanzo o un diario contemporaneo, ma la poesia ha la straordinaria capacità di commuovere il cuore di chi legge anche a distanza di secoli.
Izumi Shikibu, Diario di Izumi Shikibu
Marsilio Letteratura universale 2008, pp. 118, € 12,00, trad. C. Negri
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