Secondo Giuseppe Petronio, autore del saggio Sulle tracce del giallo, la classificazione della letteratura per “generi” è non solo inutile ma anche scientificamente ingiustificata e foriera di imperdonabili errori.
Premesso che Petronio è un eccellente divulgatore nel campo letterario e un polemista di grande arguzia, mi ha colpito la consonanza tra il suo punto di vista in merito alla storia della letteratura
Letteratura è l’insieme di tutte quelle opere che, nel corso dei secoli, sono state composte, oralmente o per iscritto e sono state ascoltate e lette nelle convinzione, comune a chi le componeva e a chi ne fruiva, che facessero parte della letteratura […] (La letteratura italiana raccontata da Giuseppe Petronio, Mondadori 1995-1996)
Un punto di vista molto simile a quello di uno storico della scienza altrettanto poco conformista, S.J. Gould, in merito alla produzione scientifica e all’agire scientifico.
Scopo del saggio di Petronio – in realtà formato da una serie di interventi composti in tempi diversi e tutti aventi come oggetto la letteratura poliziesca – è quello di sgombrare definitivamente il campo da qualunque uso della suddivisione della letteratura in generi per desumerne il valore, determinando così il tramonto della fraudolenta categoria della “paraletteratura”.
Abbiate pazienza, ma a me questa è apparsa una vera rivoluzione copernicana in campo letterario e penso mi ci vorranno mesi per metabolizzare la sensazione di sollievo provata. Già, perché è stato come se Petronio mi avesse detto: «in tutti questi anni hai letto testi che sono morfologicamente definibili come fantascienza ma che fanno parte, a tutti gli effetti, della produzione letteraria di questo secolo». Insomma, la mia vita è cambiata: ho letto tanti libri (qualcuno bello, altri meno, altri mooolto meno), in questi anni, non ho perso tempo su bislacche fanfaluche escogitate da qualche mestierante della tastiera.
Petronio, con acre gusto polemico, riprende un termine coniato del mondo accademico tedesco per indicare le opere nate per soddisfare i canoni letterari in voga e parla di Literatenliteratur mentre si diverte a enumerare le insigni asinate di critici e storici letterari che hanno sistematicamente espurgato storie e rassegne letterarie da qualsiasi riferimento alle letterature di genere (esiste anche una recente storia della letteratura francese che non cita MAI Simenon…). Con ogni evidenza, sottolinea Petronio, è diventata impraticabile una riflessione sulle opere di Calvino, Eco, Sciascia, Gadda che prescinda dall’ambiente letterario, dagli influssi subiti e dalle suggestioni nate dalle letterature di genere. La letteratura è una rete di influenze reciproche, una struttura viva e vitale che rifugge le operazioni arbitrarie.
Naturalmente non mi illudo (né credo lo faccia Petronio) che questi saggi possano modificare il punto di vista della critica costituita, né spingere qualcuno a ripassare un po’ di storia della critica, tanto per scoprire, ad esempio, che già I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni fu una grossa grana per i classicisti ottocenteschi che, avendo appena finito di celebrare il funerale del “paraletterario” romanzo storico, si trovarono per le mani un capolavoro della letteratura perfettamente ascrivibile nella categoria testé condannata senza appello…
A parte ogni considerazione “di parrocchia” invito comunque i lettori a dedicare qualche ora alla lettura dei saggi di Petronio. Istruttivi e divertenti, come si diceva una volta, hanno l’enorme pregio di restituire al lettore la dignità del proprio ruolo (e del proprio legittimo piacere di leggere) e di offrire all’autore poco calcolato nel mondo accademico qualche motivo per stringersi nelle spalle e continuare a scrivere.
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Giuseppe Petronio, Sulle tracce del Giallo
Gamberetti, 2000, pp. 193. € 12,94
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