David G. Compton è un autore che ha diversi punti di contatto con James Ballard e con John Wyndham, ovvero due autori-cardine della sf britannica. Da un romanzo di D.G. Compton (The continuos Catherine Mortenhoe, ed. it.: L’occhio insonne) è stato tratto il film La morte in diretta, titolo e film di terrificante attualità in tempi di Grande Fratello. Questo Terra di Nessuno (Nomansland), Mondadori, «Urania», 1996 ha un titolo italiano curiosamente ottuso e fuorviante. Il titolo originale del romanzo è infatti Terra senza uomini, dove per «uomini» si intendono precisamente i membri maschili della specie umana. Comunque non vorrei che anche questo romanzo potesse rivelarsi profetico…
Compton e i già citati Wyndham e Ballard, uomini nati negli anni trenta, sono soggetti curiosi per diversi motivi. Tra questi del tutto peculiare è l’interesse per le femmine della specie Homo Sapiens in quanto – curiosamente – soggetti sociali, praticamente sempre presentate come individui rilevanti e significativi, contrapposti a maschi infantili, ossessionati dai fantasmi della loro virilità, vincolati da obblighi sociali e sistemi di valori oppressivi. Non si tratta, evidentemente, di femminismi ante-litteram, d’altro canto impraticabili per chi non è cresciuto da donna, ma espressioni di malessere e insofferenza per i ruoli congelati che in definitiva tutti – uomini e donne – siamo indotti o spinti a incarnare.
In questo romanzo Compton unisce due dei suoi temi preferiti: lo sterminio selettivo e programmato di una parte dell’umanità, tema già affrontato con eccellenti esiti in The Quality of Mercy (E scese la morte, 1979, Galassia) e la drammatica crisi di identità che ormai da decenni affligge gli uomini (i maschi), crisi di identità che nella metafora del romanzo diviene pura e semplice progressiva scomparsa.
Accade infatti che da un certo momento in poi le donne partoriscano unicamente figlie femmine mentre i feti maschi non giungono a termine. Il romanzo è ambientato quarant’anni dopo l’attrito, in un mondo dove non nascono più bambini maschi da quattro decenni. Che tipo di mondo può essere? Un mondo dove, come nota la superiora di un convento «… Non ci sono guerre. Nessuna guerra in nessun luogo del mondo», ma anche un mondo dove fioriscono culti millenaristici basati sulla venerazione della Grande Madre, dove i maschi ancora relativamente giovani cadono facilmente vittime di un odio ossessivo e feroce nei confronti delle donne, dove il desiderio sessuale è divenuto quasi macabro, le donazioni settimanali del seme sono un dovere verso la specie ed esistono donne che, spinte dalle famiglie, assumono massicciamente ormoni maschili per candidarsi a possibili successori del patriarcato.
Un mondo privo di equilibrio, nel quale le donne vincono per abbandono dell’avversario ma che, per lo più, non riescono a mostrarsi migliori di lui. Un romanzo pessimista ma vividamente speculativo, che innesta un intreccio da spy-story su un tema da comte philosophique, originando una curiosa e inquietante chimera dalla quale è difficile separarsi definitivamente.
Purtroppo, non si tratta di una mia crudeltà, il romanzo non è più in commercio.
Mi sono chiesta se era il caso di recensirlo su una rivista come LN – LibriNuovi e dopo diverse oscillazioni e incertezze ho optato per il sì. Un po’ perché comunque desideravo parlare di D.G. Compton, un po’ perché non dispero che qualcuno si prenda la briga di ripubblicarlo. A quel punto perlomeno i miei lettori saranno avvertiti o magari serberanno un ricordo vago di una recensione favorevole letta «da qualche parte» e non se lo lasceranno scappare.
Chi vive sperando…
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