Mordecai Richler
Solomon Gursky è stato qui
(Adelphi)
Un grande albero genealogico apre il romanzo di Mordecai Richler: la storia parte da Ephraim Gursky nato nel 1817 e arriva fino agli anni Ottanta del secolo scorso. Un lungo cammino che intreccia la finzione alla storia del Canada, partendo dai viaggi di esplorazione con navi che scompaiono trai ghiacci alla ricerca del passaggio a Nord-Ovest; ma la sfortunata spedizione di Franklin si arricchisce qui di un nuovo elemento, un nuovo membro dell’equipaggio, Ephraim Gursky, ed è così che viene gettato il seme che originerà la storia. Un uomo con un corvo sulla spalla che arriva come un dio presso una tribù eschimese, mescolando menzogne e sogni e svanendo nella sua stessa leggenda non prima, però, di aver marchiato a fuoco con i suoi racconti il nipote prediletto, Solomon, pronto anche lui per un destino epico.
I personaggi e le storie entro poche pagine iniziano a moltiplicarsi, Richler infatti elude la progressione cronologica del suo albero genealogico estraendone, da parti diverse, infiniti frammenti per accostarli in un racconto che rimane sempre sospeso. Ogni episodio viene illuminato da quelli successivi e il lettore, che non tema i continui salti temporali riesce a ottenere una prospettiva ogni volta nuova, rimanendo avvinto dal racconto come nel procedere di un indagine poliziesca.
Alla vita dei Gursky si lega quella di Moses Berger, biografo e vittima di un’ossessione: Solomon Gursky, giocatore d’azzardo, avventuriero, eroe di guerra, amante, criminale, scomparso a trentacinque anni, ma capace di manipolare per lungo tempo le vicende degli uomini, come il corvo di una leggenda eschimese, capace di giocare con le loro vite come l’autore con quelle dei suoi personaggi. E allora Solomon può apparire dietro l’ultima telefonata di Marilyn o lo scandalo Watergate o intento a risolvere crisi terroristiche internazionali: il gioco non sembra avere fine, ma a rincorrerne il senso rimane solo Moses Berger, consumato dall’alcol e dall’inseguimento di Solomon e della sua storia.
Nel 1989, prima della Versione di Barney, Richler scrive un’opera straordinaria: il romanzo è vasto, profondo, si estende in ogni direzione del tempo e dello spazio e il rocambolesco montaggio aumenta il coinvolgimento del lettore. Le vicende sono tessere di un mosaico esaminate sotto una luce che vi infonde una vita propria anche al di fuori del disegno originale. Richler racconta i suoi personaggi attraverso quasi due secoli e i vari frammenti acquistano sempre più peso, essi sono la sostanza della storia più delle relazioni che li legano. L’intreccio nel romanzo viene rimosso a favore di un accostamento di momenti diversi. Qui è solo la voce del narratore a tenere unita la storia, e il lettore a essa (Enzo Baranelli).
da LN – LibriNuovi 29 primavera 2004