Kasumi, nata in una piccola comunità marittima dell’Hokkaido, l’isola più settentrionale del Giappone, è una ragazza diversa dalle altre, rassegnate a trascinare la propria esistenza in provincia. Kasumi sogna di andare a vivere a Tôkyô e lì condurre una vita urbana e stimolante, lontana dalla locanda dei genitori e dalla quieta nullità del paese. Dopo una lunga preparazione fugge di casa, raggiunge la metropoli e trova un lavoro. Non solo, il titolare della tipografia dove viene assunta si innamora di lei e Kasumi si sposa, mettendo al mondo due bambine, Yuka e Risa. Ma l’inquietudine che la domina non trova pace col matrimonio e la famiglia. Conosce un importante cliente del marito, Ishiyama e tra i due nasce un rapporto intensamente carnale, che trae paradossalmente alimento dalla clandestinità e dai sotterfugi. Ishiyama è a sua volta sposato con un’ex compagna di scuola, Noriko, e ha due bambini di quattro e sette anni. Sua è l’idea di organizzare un periodo di vacanza in Hokkaido, invitando anche l’intera famiglia di Kasumi. Un’idea folle e quasi disperata alla quale lei è inizialmente contraria ma che finisce per accettare, sedotta dalla stessa ebbrezza superficiale ed eccitante che ha preso Ishiyama. Ma il soggiorno delle due famiglie a Izumi-go, un villaggio turistico semiabbandonato, non facile fin dall’inizio volge ben presto in tragedia con la scomparsa della piccola Yuko di cinque anni, la preferita di Kasumi, letteralmente svanita nel nulla mentre i genitori dormivano. Anche le ricerche della polizia non danno alcun risultato e dopo aver attirato l’interesse dei media per un breve periodo la misteriosa scomparsa di Yuka finisce nel limbo dei casi irrisolti ai quali dedicare episodicamente una puntata di qualche versione nipponica di Chi l’ha visto? Per le due famiglie e per il rapporto tra Kasumi e Ishiyama la disgraziata gita a Izumi-go non è però senza conseguenze. Alla brusca fine del rapporto tra i due amanti fa seguito in breve il fallimento del matrimonio di Ishiyama, mentre per Kasumi la sorte di Yuka assume gradualmente il peso di un fallimento esistenziale definitivo che va al di là dell’episodio del rapporto colpevole con Ishiyama. Paralizzata da un senso di colpa che la obbliga a continuare le ricerche contro ogni logica e speranza, Kasumi finisce col trascurare i rapporti con il marito e la figlia superstite, fino a obbligarsi a un’ultima disperata spedizione in Hokkaido accompagnata da Utsumi, un graduato di polizia malato terminale di cancro alla ricerca di un ultimo successo investigativo che dia un senso alla sua agonia.
Al centro del libro il crescente distacco dalla realtà di Kasumi, incapace di perdonarsi la scomparsa della figlia e rabbiosamente tesa a inseguire le proprie invadenti e patetiche visioni di una Yuka cresciuta lontana da lei ma viva e salva. Una superficiale, più spesso una stupida o un’illusa, così è inevitabile giudicarla. Il contatto con la sua mente, con i suoi sogni confusi e velleitari, con i suoi impulsi malgovernati e la sua sostanziale incapacità di cogliere sentimenti ed emozioni altrui risulta tuttavia affascinante per il lettore che è chiamato ad assistere e a partecipare ai suoi deliri e alle sue delusioni. Kasumi ha costruito la propria vita a partire da un’illusione di libertà e da un confuso desiderio di riscatto e la scomparsa di Yuka assolve la funzione di distruggere gradualmente gli involucri concentrici di bugie che hanno guidato e protetto la sua esistenza. Il difficile rapporto con Utsumi, il poliziotto malato, assume in questo contesto il senso di un’obliqua espiazione che se non modifica minimamente le sue responsabilità le fornisce un ulteriore temporaneo scopo alla sua esistenza. Un romanzo sull’illusione come colpa, dove, come in Le quattro casalinghe di Tôkyô non esistono innocenti ma diversi gradi di colpevolezza e di coscienza della propria responsabilità. Nulla a che vedere, tuttavia, con il cattolico senso del peccato: Kasumi e gli altri personaggi del romanzo – Michihiro, l’abulico marito, il fatuo Ishiyama, l’ambizioso Utsumi – pagano la loro incapacità di liberarsi di confusi desideri e morbose illusioni. Il loro peccato, un individualismo accecante, è completamente e definitivamente moderno.
Natsuo Kirino, Morbide guance
Neri Pozza, 2004, ed. or. 1999, pp. 508, € 18,00, trad. Antonietta Pastore
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