Si sarebbe tentati di credere che la razza degli scrittori che fanno della propria vita una coerente testimonianza della propria estetica e della visione del mondo che emerge dalle loro opere sia definitivamente tramontata. A prevalere adesso è l’autore manager-di-se-stesso, professionalmente attento all’immagine e all’apparenza, equilibrato e misurato, affabile ma distante, educatamente anticonformista senza scadere in controproducenti atteggiamente radicali. L’autore nella pratica confezione portatile, che affascina le donne e riscuote la simpatia degli uomini, perfetto per la vendita nei supermercati e nelle librerie di grande superficie. In quanto ai contenuti… beh i contenuti sono un grosso intoppo, in questo caso. Devono essere per forza medi, edulcorati, significativi senza forzature, digeribili e anallergici. Questo il semplice segreto del successo presso la grande editoria.
Eduard Limonov, nome originale Eduard Savenko, russo cinquantottenne di origine kazaka, fondatore e presidente del partito nazionalbolscevico, incarcerato per quattro anni per terrorismo, con una sconveniente tendenza a innamorarsi di donne appena uscite dalla pubertà e con un’amante, Nastja, che ha circa quarant’anni meno di lui, panslavista convinto, fautore del riarmo russo e volontario a fianco dei serbi nella guerra serbo-croata è proprio quanto di più diverso possiamo immaginare dal perfetto e inutile scrittore di grande successo. Limonov è spudoratamente maschilista, anche se capace di slanci suicidi e dotato di rare capacità empatiche, è egocentrico in maniera infantile ma anche sincero e leale, è un donnaiolo pigro e volubile ma anche un uomo pronto a piantare tutto per seguire la donna che ama (in quel momento, per lo meno), è impulsivo ed esibizionista ma anche cauto e razionale. È politicamente scorretto in maniera agghiacciante, ma possiede la capacità quasi magica di comunicare con chiunque e in qualunque situazione. È curioso fino alla sfacciataggine e del tutto sprovvisto della capacità di calcolare le conseguenze delle proprie azioni. Non sa farsi benvolere e meno ancora sa tacere quando è il momento. Ha un concetto esagerato di se stesso e non ha difficoltà a dichiarare candidamente che compatisce chi non sa emergere dalla folla anonima. Ma Eduard Limonov è anche uno scrittore di razza, genuino discendente dalla stirpe secolare dei narratori russi. Qualsiasi episodio, incontro, evento minore nelle sue pagine diventa vita e realtà. Luoghi, persone, dialoghi hanno una consistenza e una forza che è diventato raro incontrare. Il suo stile, in apparenza semplice e piano, tanto diretto e disadorno da sembrare talvolta trascurato, pieno di digressioni, di commenti fuori testo, inframmezzato da ricordi e frammenti di dialogo è in realtà una perfetta macchina narrativa che inchioda il lettore alla pagina senza averne l’aria né, in apparenza la pretesa. Limonov è uno scrittore «on the road». Racconta di viaggi, di spostamenti, di luoghi lontani, di ricordi e di ritorni. Lascia intendere che una vita di questo genere poteva toccare soltanto a uno come lui, perché , come scrive:
per diventare una persona importante citerei innanzitutto l’abilità di assumersi dei rischi. L’abilità perfetta di prendere di volta in volta un rischio.
Ma Limonov non è un esponente ritardatario della beat-generation, non esibisce autoesaltanti (e masturbatori?) sentimenti di fratellanza che giustificano la propria superiorità intellettuale e culturale. Limonov considera i suoi coetanei «rassegnati a una vita molle come una merda» e non propugna il proprio stile di vita come l’unico possibile. Il suo nomadismo è strumento e non fine. Vuole conoscere, vedere, scrivere e descrivere, ma conservando irriverenza e assoluta mancanza di political correctness. Questo libro è stato scritto in carcere ed è basato su un unico, lieve ma solidissimo filo: il racconto di tutti gli specchi e corsi d’acqua conosciuti, raccolti secondo la loro classificazione in oceani, mari, fiumi, laghi, via via fino ai bagni turchi. Ognuno di essi legato a un ricordo, a un momento della vita, a una svolta, a una conoscenza. Descrizione, dialogo e pensiero viaggiano in perfetto accordo nei brevi, disordinati e nervosi appunti di Limonov, si legano ad altri momenti, li spiegano e li illuminano. Il curioso modo di procedere dell’autore – con inattesi salti di tempo e spazio – parrebbe voler inutilmente complicare la vita al lettore, mentre, in realtà ottiene il risultato opposto, seducendolo con la leggerezza del racconto orale e il sottile rimpianto del tempo trascorso. Un buon libro, in sostanza? Forse qualcosa di più e di diverso: un libro affascinante.
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Eduard Limonov, Libro dell’acqua
Alet, ed. or. 2004, pp. 256, € 17,00, trad. dal russo di Mario Caramitti
idem in e-book: € 3,90
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