Ritorna, nella collana «minimum classics», un grande classico della fantascienza anni Sessanta, che molti ricorderanno soprattutto per il film – felicemente infedele al libro – che ne è stato tratto e per l’interpretazione di David Bowie che infatti, puntualmente, compare sulla copertina. Lessi a suo tempo L’uomo che cadde sulla Terra, un grande romanzo al di là delle categorizzazioni di genere – ridicole anche più del solito parlando della storia di Mr. Thomas Jerome Newton – e ne rimasi felicemente (e amaramente) colpita. Felicemente perché Walter Tevis è prosatore potente, incisivo e sensibile. Amaramente perché la vicenda dell’antheano sceso sulla Terra a salvare il suo pianeta e divenuto vittima dell’avida e brutale società umana fa parte di quel genere di racconti che rendono consci di come intelligenza, generosità ed empatia non siano le caratteristiche più incoraggiate nel nostro modo comune modo di vivere. Thomas Jerome Newton – questo il suo nome «umano» – è un alieno che ha affrontato un addestramento decennale per scendere nel nostro mondo e portare a termine una missione disperata per salvare il suo pianeta, ormai prossimo alla fine. Ciò che né Newton né i suoi simili avrebbero potuto prevedere è il grado di violenza implicita che impronta tutti i rapporti, umani, sociali ed economici, della nostra società. L’antheano è un individuo candido, convinto che il potere tecnologico garantitogli dalla superiore civiltà dalla quale proviene possa aprire ogni porta del nostro mondo. Sarà infine costretto a riconoscere che gli umani, artefici o vittime della ferocia che permea profondamente la nostra società, sono letteralmente incapaci di vedere oltre il tessuto degradato e distorto dei loro rapporti socioeconomici. Da alieno biologico Newton finisce così per diventare alieno sociale, ovvero disadattato e dropout, uomo fragile e malato, esule definitivo incapace di accettare il proprio fallimento. Tevis racconta la discesa all’inferno (ovvero sulla Terra) dell’uomo venuto dal cielo con misurata malinconia, il sentimento doloroso di chi ha rinunciato a ogni illusione. Un romanzo deprimente? No, assolutamente. Un lucido viaggio nella nostra umanità, piuttosto, un volo dall’alto sul nostro modo di concepire il denaro e i rapporti tra noi. Un libro prezioso che, giustamente, è sopravvissuto al doppio oblio del tempo trascorso e del genere dal quale proviene, comunemente (ed erroneamente) stimato letteratura di serie «B».
Walter Tevis, L’uomo che cadde sulla Terra
minimum fax, ed. 2006, pp. 231, € 11,00, trad. G. Pignolo
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