Il quartiere mi aveva accolto con la sua impenetrabile e attraente indifferenza e in questo, anche adesso, nulla è cambiato.
Jun, giovane ex-componente di una rock band, dopo l’abbandono del gruppo decide di cambiare quartiere e, deliberatamente, di vendersi.
Per incidere nel mio cuore una qualche sofferenza, avrei dovuto farmi trattare come un fantoccio, come uno straccio vecchio, e solo per una manciata di soldi.
Spinto da un impulso masochista non superficiale e neppure realmente sessuale, Jun percorre scrupolosamente la via di degradazione che ha scelto. Ma non perde mai la propria lucidità, costruisce con i “colleghi” bizzarri rapporti fatti di brevi complicità, lunghi silenzi, strane avventure. I suo incontri con i clienti non hanno nulla di piacevole ma neppure di troppo angoscioso: «solo con i primi cinque o sei clienti ero stato scosso da forti emozioni. Ormai nulla è più una novità». Jun finisce per smarrire il senso della vendetta consumata contro se stesso, apprezza il denaro facile: «… arrivo al punto di contare le banconote anche mentre i clienti stanno abusando di me su un letto», si abitua ai ritmi allucinanti, sonnolenti di una vita condotta quasi sempre di notte. Perde interessi, passioni, desideri. La sua scelta di essere passivo si fa stile di vita, narcosi autoimposta. Il romanzo termina senza catarsi né risibili redenzioni. Nelle ultime pagine Jun ha definitivamente consumato la propria formazione, il masochismo che lo guidava è andato sbiadendo, tanto che le sue ultime avventure hanno segnato un cauto risveglio della coscienza di essere vivo. Yes, Yes, Yes è un romanzo solo apparentemente erotico e nonostante la schietta, cruda brutalità degli amplessi e dei dialoghi resta un testo gelido e, verrebbe da dire, disincarnato. Jun, come molti degli altri giovani prostituti che conosce, non è realmente un omosessuale, ma finisce con l’apprezzare una condizione che lo libera dall’angoscia della virilità. Jun si lusinga di essere un corpo desiderabile, di essere colui che si offre (a pagamento) a un’umanità maschile goffa, insensibile, ridicola nelle sue pose e nelle sue vergogne, talvolta gratuitamente brutale. «Il piacere raggiunto da un uomo è talmente grezzo se paragonato a quello di una donna. É ridicolo da tanto è semplice.» dice Yutaka, un suo amico raccontando di un suo incontro con una donna, e il monologo di Yutaka, posto al centro del libro, ne fornisce la chiave. Qui il romanzo di Hiruma si rivela più che omosessuale, profondamente monosessuale. Nelle sue pagine ci sono solo uomini: nervosi, infelici, profondamente sterili nei loro desideri e nelle loro povere fantasie di potere. Il fascino oscuro del libro di Hirumi è probabilmente nel raccontare la miseria di una condizione maschile giunta al limite del suo senso, ma incapace di evolversi, modificarsi. Il libro è, non troppo stranamente, attraversato da un desiderio di mutarsi, di acquisire le categorie del femminile e nel contempo dallo sconforto venato di rassegnazione di essere inchiodati in un corpo massiccio, grave, scarsamente sensibile. Una lettura non facile né superficiale, ma che riesce a dare molto al lettore..
Hisao Hiruma, Yes yes yes
Marsilio Farfalle 1997, pp. 192, € 11,36, Trad. A. Maurizi
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