Il personaggio reale cui il personaggio si ispira viveva ancora negli anni sessanta nel tempio di Giô e aveva assunto il nome di Chishòni (Monaca Illuminata dalla Saggezza). Durante la sua vita aveva cambiato diversi nomi: nata nell’aprile del 1896, si chiamava Tatsu Takaoka. A dodici anni era stata affidata alla casa da tè Kagaya del quartiere dei piaceri di Sôemon a Osaka e quindi alla Tondaya, dove aveva debuttato come maiko con il nome di Foglia di Mille Generazioni. Trasferitasi a Shinbashi, a Tôkyô era divenuta una geisha famosa. Aveva vissuto come mantenuta dai 18 ai 23 anni, poi, tornata a Osaka aveva sposato Oda, un nuovo ricco del mondo della Borsa di Kitahama, con il quale era partita per l’America. Nel 1923 aveva divorziato, aveva firmato un contratto di attrice con la Shôciku, una delle più importanti case cinematografiche giapponesi, si era dedicata ad attività letterarie, aveva gestito un bar, scritto un’autobiografia intitolata Confessioni di neri capelli e nel 1934 era divenuta monaca.
Questa, per sommi capi, la storia raccontata ne La virtù femminile, elaborazione narrativa della biografia di una donna realmente vissuta. Ad attirare probabilmente l’attenzione di Setouchi Harumi, come quella del lettore, è il curioso percorso che ha condotto una geisha famosa, divenuta anche grazie al cinema un modello di bellezza femminile, alla tonsura e alla vita ritirata in un monastero buddhista. Due momenti della vita di Tami-Tatsu formano le sponde entro le quali il romanzo vive: la forzata iniziazione sessuale subita all’età di dodici anni, avvenuta quando la giovane maiko non aveva ancora avuto le prime mestruazioni e il taglio dei lunghissimi capelli neri che ne sancirono il distacco dal «mondo fluttuante» per divenire monaca. La Tami raccontata da Setouchi Harumi è una donna inquieta, insoddisfatta, che alterna modi infantili, dispotici e capricciosi a fasi di profonda depressione e di alcolismo. Tami si innamora facilmente, spesso vuole essere innamorata, illudendosi e soffrendo. Il suo rapporto con gli uomini è superficiale – è attirata dalla bellezza maschile ma è incapace di riconoscere carattere e temperamento dell’oggetto del suo amore – e questo la conduce a esperienze amare, umiliazioni e sofferenze. Pur essendo dotata di grande sensibilità si comporta spesso in modo sciocco, goffo o controproducente. È un oggetto d’amore, venerata e desiderata dagli uomini più ricchi e potenti del Giappone dei primi anni del secolo, è invidiata e detestata da molte donne e uomini, ma sembra incapace di divenire soggetto dei propri sentimenti, in grado di controllare le proprie passioni e di comunicare profondamente con gli uomini che ama e che la amano. Passa da una delusione a un fallimento a una passione infelice, volando in cerchi sempre più stretti. Vive assediata dalla maldicenza, ma è comunque famosa e sempre al centro dell’attenzione. È un personaggio pubblico e qualunque suo gesto assume un significato. La sua condotta viene considerata immorale, il suo fascino pericoloso.
Gli errori, le superficialità, le pericolose leggerezze di Tami nascono dal conflitto interiore tra il desiderio di trovare un uomo che sia una guida affettuosa e l’insofferenza per chi vuole decidere per lei, del voler essere insieme vittima e artefice del proprio destino. La situazione di Tami, una delle donne più invidiate, amate e desiderate del Giappone diverrà infine insostenibile. Saranno proprio gli ultimi uomini che le sono rimasti vicini, Wasaburô e il suo ormai anziano danna [1], Ôtake, ad aiutarla a compiere la scelta ormai matura in lei, allontanarsi dal «mondo fluttuante» per divenire monaca buddhista. Ma non si tratta soltanto di una passione improvvisa, di un desiderio di riscatto nato dal disgusto per i proprio errori e per la volgarità del mondo. Setouchi Harumi inserisce con discrezione nel libro riferimenti alla passione di Tami per la poesia, alla sua sensibilità per il bello, alle intense emozioni nate dall’alternarsi delle stagioni. Nella geisha Mille draghi vive la monaca Loto della Saggezza e per quanto le sofferenze possano colpire la prima, spingendola a gesti estremi e a ulteriori umiliazioni, la seconda non cessa di ammirare l’infinita varietà dei colori delle foglie d’autunno e scrivere haiku anche se soltanto per se stessa. Setouchi Harumi ha la rara capacità, privilegio dei grandi scrittori, di narrare una vita senza fermarsi davanti ai momenti più dolorosi e meschini, di rappresentare un personaggio restituendo al lettore conflitti, ingenuità, piccoli e grandi egoismi, momenti di gioia e attimi di confusione e smarrimento. Tami / Mille Draghi è una donna come tante e un frammento, un attimo dei suoi pensieri è appartenuto a ognuno di noi, donne o uomini. La virtù femminile del titolo, infine, è uno dei concetti più complessi e inafferrabili del libro. È forse una forma sublime di amor proprio, un senso dell’apparire che non ha nulla di vano o fatuo, la tensione verso una quieta armonia. Nel libro di Setouchi Harumi il sesso e il desiderio costituiscono elementi ricorrenti della vicenda, ma recano nella propria natura disarmonica e possessiva la dolorosa frustrazione che finiscono per creare. La perfezione sembra risiedere nei piccoli gesti dell’amore: una carezza sulla nuca scoperta, un gesto assonnato, l’intimità di un bagno vicini. Forse la virtù femminile è una forma sublime di innocente vanità. La capacità di creare desiderio senza infelicità.
[1] Danna: deriverebbe dal sanscrito «dana» (elargizione). Il termine, adottato nei conventi per designare i benefattori, è tuttora utilizzato dalle geisha nei confronti dell’uomo che le mantiene.
Harumi Setouchi, La virtù femminile
Neri Pozza 2005, pp. 614, € 14,00
trad. dal giapponese di Lydia Origlia
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