Le oltre settecento associazioni di holmesiani presenti in vari paesi del mondo, le riedizioni, l’inarrestabile flusso di apocrifi, gli studi, i convegni, sono il segno tangibile che Sherlock Holmes è stato ed è qualcosa di più di un personaggio di fantasia.
In un certo senso stupisce che a dare inizio a tutto sia stato un autore «minore» come Arthur Conan Doyle e che il suo personaggio sia noto quanto (spero non di più) di personaggi «grandi» come il Jeckill/Hyde di Stevenson (il confronto non è proprio casuale: in uno degli ultimi apocrifi, Holmes incontra proprio Jeckill e Hyde…).
Insomma, la considerazione, ma forse si tratta di qualcosa di più vicino all’amore, di cui Sherlock Holmes ha goduto sin dal 1887, è degna di essere studiata. E un utile strumento per farlo è la variegata raccolta di contributi curati dall’autore torinese Massimo Centini, una sorta di enciclopedia con un identikit dell’investigatore, un esame puntuale del canone holmesiano completo di cronologia, analisi delle trame e dei vari modelli narrativi utilizzati da Conan Doyle e, inoltre, articoli, riflessioni e un interessante, breve studio sugli apocrifi «leciti» e non.
Il fenomeno degli apocrifi di Sherlock Holmes iniziò quando A. C. Doyle era ancora in vita, la prima parodia risale infatti al 1892 e da allora parodie e apocrifi sono diventati un numero impressionante, dell’ordine delle decine di migliaia, dando il via a infinite polemiche su quali siano accettabili e quali da bollare come improprie, alcuni esperti e appassionati utilizzano criteri rigidissimi: sono accettabili soltanto gli apocrifi nei quali il detective compare con il suo vero nome e vanno scartati tutti gli alias, anche se significativi come Solar Pons di Auguste Derleth; altri accettano solo quelli che rendono lo spirito dell’epoca vittoriana alla quale Holmes appartiene; un buon numero di puristi tollerano soltanto apocrifi scritti imitando lo stile del buon dottor Watson. Condizioni necessarie sono di solito che non contraddicano il canone e che rispettino il carattere dei personaggi principali; in tal caso La soluzione al sette per cento non viene considerata un apocrifo ma un falso e altrettanto (ma più esecrabile!) va ritenuto il divertente O Xango de Baker Street (a me sono piaciuti entrambi, quindi gli holmesiani fondamentalisti mi metterebbero la bando). Tra gli articoli più interessanti segnalo: Alice nel paese dei Baskervilles. Sherlock Holmes e il cinema, un complicato intrigo di schermi, specchi, miti e un segreto che non è un segreto (di Marco Dell’Oro) che prende in esame le varie versioni cinematografiche e di Sherlock Holmes, la prima delle quali bruciò CD sul tempo: mentre ancora il grande Sherlock giaceva nelle cascate di Reichenbach e il suo padre lettarario si gingillava con il romanzo successivo, Il mastino dei Baskerville (pubblicato nel 1902) gli appassionati di cinema potevano vederne nelle sale una versione ben viva e sicuramente inaccettabile per i puristi, Sherlock Holmes Baffled, parodia divertente nella quale il grande detective viene beffato da un ladro. la prima versione teatrale risale invece al 1899. Da lì in poi il cinema e Sherlock flirtarono a lungo, con esiti più o meno memorabili, che non di rado piacquero al pubblico e furono impallinati dalla critica, come il pur sempre interessante Holmes di Basil Rathbone – il primo vero Sherlock visto da me, grazie alla passione familiare per i vecchi film. Ahimé, ho appena rivisto un episodio della serie di Rathbone e devo ammetterlo: il suo Sherlock è fin troppo sherlochiano, la cronologia delle avventure è allegramente ignorata e le trame sono tirate via e infrangono il canone: in Sherlock Holmes a Washington, il detective, nel 1941 (!) non perde l’occasione di ripetere paro paro un discorso di Churchill al Congresso. Sic transit Basil. Però, prima di dire l’ultima parola devo ancora rivedere Destinazione Algeri… Quasi quasi, una di queste sere…
Massimo Centini (a cura di), I segreti di Sherlock Holmes
Miti, misteri e successo dell’investigatore più noto del mondo
Ananke, 2004, pp. 299, € 14,50
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