La cultura giapponese ha un modo manifestamente diverso di concepire e pensare il sesso – e più in generale tutto ciò che attiene al corpo – rispetto alla società occidentale. Non è raro incontrare nelle pagine di Oe Kenzaburo, Mishima Yukio, Tanizaki Jun’ichiro e di molti altri autori, descrizioni o gesti che un autore occidentale avrebbe accuratamente evitato. Può trattarsi di un retaggio della società contadina feudale che ancora nel secolo scorso dominava il Giappone o, forse, dell’espressione di una visione del corpo che per il puritanesimo occidentale è inconcepibile. Secondo il saggio Il crisantemo e la spada, pubblicato in Italia da Astrolabio, per i giapponesi il sentimento della vergogna per un comportamento pubblico che contravviene le norme sociali sostituisce il senso individuale del peccato, tipico della cultura occidentale. In questo modo l’universo personale, al quale il sesso appartiene, resterebbe di proprio esclusivo dominio, senza inopportune e sgradevoli intromissioni da parte di salvatori d’anime. Un’etica sicuramente affascinante e ambigua… In ogni caso, questa osservazione mi è tornata in mente leggendo I Maestri dell’Eros di Akiyuki Nosaka, editore Marsilio e mi ha accompagnato durante l’intera lettura.
Subu-yan, Banteki, Scarafaggio e Kakiya vivono letteralmente di sesso. Sono pornografi per necessità e/o per passione. Pragmatici nel dare sollievo ai pruriti e ai desideri proibiti di professionisti e uomini di successo, coltivano anche, senza provare il minimo imbarazzo, una curiosa forma di idealismo per la quale giustificano la loro attività con l’impegno a dare gioia (Subu-yan) o suscitare emozioni artistiche attraverso il cinema e la fotografia (Banteki) e l’arte del romanzo (Kakiya). Personaggi candidi e lunari in un mondo che, in fondo, è ben peggiore di loro, si arrabattano, discutono, si scontrano su ciò che è più adeguato a suscitare l’eccitazione maschile e mentre deplorano i filmetti perversi di fattura casalinga di un noto medico di successo, si sforzano di inseguire il vero nelle loro modeste produzione erotiche.
I Maestri dell’Eros non è solo un romanzo sciolto, vivace, divertentissimo (il che nel panorama della letteratura giapponese non è un evento troppo comune) ma è anche la perfetta rappresentazione di un universo morale rovesciato, dove può capitare al protagonista – Subu-yan – di chiedersi, quando rinviene un romanzo erotico nascosto tra gli indumenti della figliastra «Se fossi un genitore come gli altri, come mi comporterei in una situazione del genere?»
Insidioso, Nosaka conduce il lettore ai limiti di ciò che è ritenuto deprecabile, diverte e si diverte a scherzare su feroci tabù – sessuali e non – ride di pudori ostentati e rovescia la rispettabilità in ipocrisia. É “insolente”, come lo descrive Mishima Yukio, ma è anche, insieme, curiosamente malinconico e affettuoso nei confronti dei suoi personaggi. Non esistono situazioni dove la banalità del sesso ostentato non sia temperata dal gioco del paradosso: esemplare la vicenda di Kakiya, scalcinato e patetico attore erotico abituato ad “esibirsi” con la bellissima Rie, dove la semplicità quasi brutale del tema diviene occasione per una riflessione amara e stralunata sui doveri paterni. Non vi è regola o norma morale, nel libro di Nosaka, che non si mostri inadeguata e naufraghi miseramente di fronte all’unicità irriducibile di ciascuna esistenza, che non appaia misera se posta a confronto con il terrore della solitudine.
Se ci pensi, i piaceri della vita umana si riducono a “questo” e al mangiare: se elimini questo qui non vale più la pena di vivere neppure per quelli che si vantano di essere presidenti di grandi società. (…) Usiamo foto particolari e libri stuzzicanti, e anche uno piccolo e avvizzito, spam e glielo tiriamo su di nuovo. É una missione umanitaria.
teorizza Subu-yan. Si sorride – ovviamente – della sua falsa coscienza, ma un po’ della sua serena rassegnazione, della sua modesta saggezza nell’accettare la nostra condizione comune di esseri deboli, fragili e mortali, magari perseguitati da strane manìe e fissazioni sessuali, finisce per accompagnare anche il lettore, che rinuncia alla sua veste di giudice dei personaggi per accompagnarli nel loro bizzarro viaggio.
Al termine della lettura non sono tuttavia in grado di esprimermi in modo definitivo sul problema che ho sollevato all’inizio. Sospetto che un sereno equilibrio tra sessualità e sensibilità come quello raggiunto nel libro di Nosaka sia relativamente facile solo per uno scrittore giapponese, e temo che per questa come per altre differenze culturali, ci si debba riferire alle diverse radici religiose, un tema che andrebbe davvero troppo oltre i limitati scopi di questa recensione.
Nosaka Akiyuki, I maestri dell’eros
Marsillio Farfalle, 1998, pp. 264, € 14,50
Trad. L. Testaverde
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