La Germania degli anni successivi alla fine delle guerre napoleoniche era, essenzialmente, poco più che «un’espressione geografica» ovvero un patchwork multicolore di stati e staterelli, regni, principati, granducati, ducati e territori. Svanito il sogno napoleonico di unità e finiti di contare i caduti al seguito dell’Empereur, i tedeschi dei primi decenni dell’Ottocento cercarono di dimenticare qualsiasi problema politico e si dedicarono alle loro faccende, riscoprendo i piaceri della vita casalinga e le piccole cose di ogni giorno. Era la Germania del Biedermeier, intimista, borghese, privata, quasi un contrappasso al romanticismo di Novalis e di Tieck sviluppatosi rigoglioso negli anni a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento.
Ma nel primo ventennio dell’Ottocento venivano pubblicati, letti e tradotti in tutta Europa A. von Chamisso, J. F. von Eichendorff e E. T. A. Hoffmann, creatori di un fantastico che riuniva elementi tipici della letteratura gotica – di un’impressionante attualità, particolarmente nel caso di Hoffmann – con una raffinata e devastante critica del perbenismo piccolo borghese e dell’ipocrisia religiosa.
E Wilhelm Hauff, nato nel 1802, dovette eleggere Hoffmann a suo nume ispiratore, tanto è evidente il suo influsso in questo Memorie di Satana. Protagonista il diavolo in persona, del quale il narratore sostiene di avere rinvenuto il diario personale. Già la scelta del protagonista rappresenta una chiara dichiarazione di intenti «criminali». Il Satana di Hauff – beffardo, raffinato, ben educato e colto – pur con i suoi fatali difetti, più che l’Avversario della divinità si rivela un formidabile avversario delle infinite ipocrisie e piccole meschinità dell’ambiente cittadino nella Germania della Restaurazione. Un Satana delizioso conversatore, raffinato intellettuale, spirito libero (liberissimo!) e ribelle: il personaggio ideale per rappresentare i molti difetti e le poche virtù di nobili, possidenti e borghesi. La stralunata leggerezza di questo Satana, il piacere nel rovesciare la morale e il punto di vista comuni rimandano immediatamente alle pagine di Hoffmann, al suo mondo di omarini che si presentano come «Consigliere segreto» o «Consigliere speciale»: bigotti spiantati e perbenisti interessati. Memorie di Satana uscì nel 1826 – Hauff morì l’anno successivo – in forma anonima e semiclandestina. Probabilmente questo è il motivo della sua scomparsa nelle bibliografie dell’autore, come anche della sensazione che talvolta dà di opera incompiuta o terminata troppo frettolosamente, con parti prolisse e altre liquidate in poche righe. Se si pensa che la sua natura di testo anonimo e sovversivo la rendeva comunque interessante tanto da essere probabilmente letta con golosità, alla ricerca di passaggi e frasi che mettessero in ridicolo professori universitari, nobili e ricchi, si comprende l’insufficiente cura di Hauff nel presentarla al pubblico. D’altro canto la morte a soli venticinque anni impedì all’autore qualsiasi ulteriore possibile revisione.
In ogni caso un libro che meritava pubblicare – per la prima volta in italiano – pur avendo presenti i suoi limiti di impianto e l’aristocratico ma «affettuoso» antisemitismo di certe descrizioni e di certi personaggi, del resto caratteristico – sia pure con accenti meno bonari – del pensiero romantico tedesco
Wilhelm Hauff
Memorie di Satana
Ed. Clandestine 2003, pp. 249, € 10,00
trad. Federica Merli
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.