Secondo viaggio di ispirazione autobiografica nella narrativa di Romano Luperini, dopo I salici sono piante acquatiche (Manni, 2002), L’età estrema è un diario a zig zag, sospeso fra presente e ricordi, di un anziano docente universitario italiano invitato a Los Angeles per un ciclo di lezioni. Scritto (in analoghe circostanze) nel 2001, poco dopo l’attacco terroristico alle Twin towers, ma ambientato nel 2011, in mondo che continua a vivere nella morsa del terrore e ne ha ormai acquisito nuove abitudini, il racconto (esiterei a definirlo romanzo) è una cronaca di viaggio contemporaneamente nelle regioni estreme della vita personale e della vita di un Occidente giunto alla fine.
Nelle pause fra gli impegni di lavoro, il professore riflette, ricorda, parla con Giorgio, il collega più giovane che rappresenta una generazione pragmatica e disposta a barattare la carriera accademica con un impiego meglio restibuito nell’industria privata, consapevole della povertà etica del presente ma privo di illusioni e di speranze.
La voce di Giorgio mi attira e mi mette in allarme. Viene da un mondo che mi è estrano, che è cambiato senza di me e in cui non riesco a riconoscermi. Un mondo con cui è impossibile competere o lottare, perché non offre appigli, è come una superficie liscia e compatta che sfugge a ogni presa.
Dal passato, a cui sempre l’io narrante ritorna, per tornare a un presente sempre più invaso da una sorta di fredda indifferenza e di cedimento (soprattutto sessuale) del corpo, riemerge Claudine, un tempo sua amante e poi moglie di Giorgio; i due condividono momenti che sono insieme passione e abitudine, riscoperta e rimpianto.
Fuori, il mondo sembra riavvitarsi su se stesso. Il tanto temuto attacco terroristico si avvera, dieci anni dopo il primo, questa volta sotto forma di una nube tossica che obbliga la gente a evacuare o a restare chiusa in casa per una settimana. Come atto di ribellione e di sfida a se stesso, il professore si barrica nel residence e segue dalle vetrate gli effetti della nube: abbandonati a loro stessi gli animali della città soccombono, i gabbiani si schiantano sulle terrazze, cani e topi muiono in strada. Strani scarafaggi verdi restano gli unici padroni del campo…
Benché ricco di suggestioni il testo – che avevo scelto proprio per il titolo indirizzato all’esplorazione di un tema che ho spesso incontrato fra le pagine negli ultimi tempi – non mi ha convinto. Metterne a fuoco le ragioni non è stato facile.
C’era, a una prima lettura, la sensazione di una grande esperienza di lettura, che talvolta prende un po’ la mano all’autore, facendogli scegliere le immagini più adeguate ma, forse proprio per questo motivo, poco illuminanti. Ma rileggendo – e continuando a gustarmi le scene della città vuota e del lungo regno della nube tossica – mi sono resa conto che, più della letterarietà, al testo nuocciono un errore di scala e un errore previsionale.
L’esperienza dell’ età estrema per il professore si concretizza soprattutto nella progressiva impossibilità di «amare» (non solo in senso fisico, beninteso): il corpo invecchia, il solco che lo separa dalle donne che ha amato o potrebbe ancora amare si allarga: se prima Claudine era una bella trentenne e lui un ancora piacente sessantenne ricco di prestigio, ora lei è una bella donna di quarant’anni e lui un settantenne grinzoso e con la dentiera. Un dramma, ne convengo, perché il cuore e il desiderio invece non hanno età, ma – guardato da un’angolatura appena diversa – potrebbe essere il dramma tipicamente «baronale» del docente che l’età ha privato del fascino che l’autorevolezza gli conferiva. «Succede a tanti», si è tentati di commentare. E molta gente non è mai stata autorevolmente fascinosa, nemmeno nello «splendore» della maturità.
Il secondo problema, più grave ma in un certo senso assolutamente non imputabile all’autore è, anzi sono… la crisi economica occidentale e Obama. Mentre i personaggi (tutti intellettuali) del racconto aspettano i terroristi nel 2011, la gente vera è andata in crisi con due anni di anticipo a causa della recessione, della politica economica sconsiderata delle grandi industrie e delle scelte di Bush. Se «attacco» c’è stato si è trattato – almeno al 50% – di un autogoal. Di fronte alla realtà, Gli stati Uniti (influenzando il resto dell’Occidente), stanno cercando di cambiare strada. Obama non è la panacea, nè un eroe, né l’angelo custode del mondo, ma è – o almeno dichiara di essere – l’espressione di una via diversa. Non ci è dato sapere come finirà la questione e questa recensione non è la sede per chiedercelo. Resta il fatto che il testo di Luperini, è stato in un certo senso sfortunato: ci voleva la pizia per prevedere questi cambiamenti, ma un racconto come questo, che deve molta della sua suggestione all’ombra di eventi esterni, in questo momento è un po’ troppo legato a un passato che non è divenuto presente.
Romano Luperini
L’età estrema
Sellerio
€ 9,00
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