Da molti anni, ormai, Danilo Arona esplora da saggista e da narratore un territorio spurio del fantastico che confina da una parte con l’horror – soprattutto quello intrecciato con l’immaginario cinematografico e musicale – e dall’altra con il mondo strano e significativo delle leggende metropolitane e delle tradizioni popolari del Nord Italia. Gran miscelatore di miti moderni, Arona ha innestato Jimi Hendrix e il rock dannato nelle nebbie padane, esplicitato la fascinazione orrorifica delle autostrade dove tutti passano e non s’incontra anima viva, evocato revenants negli autogrill dove, durante soste senza memoria, ingoiamo pessimi caffè e addentiamo piadine, mescolato la voce seduttiva di Sadé ai riti del Palo Majombe e scosso con domande finali sul reale la dimessa, silenziosa inquietudine della provincia piemontese.
La storia del Novecento e l’attualità non sono mai estranee alle storie di Arona, dalle vicende italiane della Seconda guerra mondiale alla tragedia dei desaparecidos, dimostrazione efficace e illuminante che il fantastico, quando è di buona lega, dice sul nostro mondo almeno quanto rivela sulla nostra capacità di trascenderlo.
Con Santanta l’autore ha puntato in alto, ricordandoci i fallimenti della tecnologia spaziale (la tragedia del Discovery) l’utilizzo – con esiti ugualmente funesti – militare e civile dell’uranio impoverito [1], la sopravvivenza priva di speranza delle comunità indiane del Mojave, minacciate dalla perdita di un’identità culturale e dalla decisione del governo federale di scaricare nelle riserve ogni sorta di rifiuti tossici.
Santa Ana, il vento del Mojave che, soffiando periodicamente per giorni e giorni devasta la natura e la psiche, è una realtà ben conosciuta dai locali che lo temono e lo rispettano, ritenendolo – forse soltanto per illudersi che qualcosa possa cambiare – espressione della potenza di Santanta, la divinità indiana. La vita non umana ha imparato ad assecondare la voce del dio aspettando che torni a sciogliersi nel silenzio, gli umani – incapaci di ascoltare o intenzionati a non farlo, o peggio, stupidamente illusi di poter governarla – imparano soltanto dalle lezioni più dure…
Santanta è una storia semplice e ben condotta in forma di novella, la misura che meglio si adatta alla narrativa di Arona, dove accadono meno cose di quelle che si temono e dove la violenza della natura si mescola a quella di chi non è più disposto a subire.
Nel panorama spesso un po’ banale dell’horror non soltanto italiano, l’esperimento condotto dall’autore di mescolare economia, attualità politica e horror è una novità interessante. Di solito il tema della natura che si ribella – tipico di alcuni film di grande successo e di molti B-movies che le TV locali passano ancora a tarda ora – è coniugato con la (fanta)scienza e partorisce generazioni di squali assassini, ratti giganti fuori di testa, insetti gregari iperorganizzati. Con esiti più suggestivi e meno serialmente spettacolari, Arona ha evocato spiriti né buoni né cattivi, spiriti banali di gente qualunque, resi furiosi dalle ingiustizie, revenant decisi a saldare conti in sospeso. Come nelle belle ghost stories d’antan, che crescevano nella fertile terra del gotico, senza alcun bisogno di concimazioni splatter.
Danilo Arona
Santanta
Perdisa, 2008, pp. 128, € 9,00
[1] L’uranio impoverito, scarto a basso costo della produzione di uranio utilizzato nei reattori nucleari, è un metallo ad alta densità impiegato a livello militare (proiettili ad alta penetrazione, corazze di mezzi militari) e, in maniera crescente, a livello civile (contrappesi per aerei, zavorre per navi e per monoposto di formula 1, schermature per raggi gamma); è un materiale altamente piroforico che, in seguito a impatto, brucia quasi completamente producendo particelle molto piccole che possono essere inalate o contaminare terreno, acque superficiali ed esseri viventi; indipendentemente dalla sua radioattività, l’esposizione a composti chimici di uranio impoverito può:
– causare danni a reni, pancreas, stomaco e intestino.
– Agire da citotossico e carcinogeno in animali.
– Agire da teratogeno in organismi venuti a contatto con suoi sali disciolti in acqua o sue polveri.
Ulteriori notizie in:
<http://it.wikipedia.org/wiki/Uranio_impoverito
<http://lists.peacelink.it/armamenti/msg00513.html>;
<http://www.humanitas-salute.com/print.html?id_p=108>
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