Sedici racconti dall’Asia Estrema, promette il sottotitolo. Ma estrema, almeno in questo caso, ha un significato puramente geografico. Racconti da Singapore, ovvero dalla propaggine estrema della penisola indocinese.
Ma Singapore, nonostante tutto, resta un avamposto della cultura anglosassone e a questo si deve, probabilmente, l’aroma sottilmente familiare dei sedici racconti, la sensazione di leggere – ancora una volta – esercizi di un’ennesima scuola di scrittura creativa, sia pure geograficamente defilata.
Non che manchino i buoni racconti, ci mancherebbe! Due insalate, per esempio, di Siok Tian Heng, dove lo scontro tra le culture orientale e occidentale si fa equivoco sentimentale, o I corpi e Sarah di Chan Ziqian, due racconti perfetti per il nitore e la precisione delle immagini e per la tensione ovattata e insostenibile. Paradossali e carichi di inglesissimo understatement altri due racconti centrati sui problemi preconiugali e coniugali: Non poteva finire bene di Eileen Chew e La caduta di Cyril Wong [1]. Ma resta un sentore di minimalismo fuori tempo massimo, di un incontro tra civiltà talmente ovattato e composto da rischiare la sterilità.
I racconti sono stati tratti dall’archivio di «Quarterly Literary Review Singapore», la scelta e le brevi interviste agli autori in coda ai testi di Massimo Coppola. E a Massimo Coppola si deve probabilmente attribuire anche la brevissima presentazione dove si afferma che:
Leggendo i sedici brevi, fulminanti racconti di Singapore, si ha la sensazione di essere nell’immediato futuro, di sapere in anticipo come saranno le relazioni personali, i rapporti sentimentali, il mondo del lavoro tra quindici anni.
Può darsi che queste frasi vi facciano venire in mente Matrix o Neuromante. Gli anni Ottanta e Novanta sono stati gli anni del mito dell’Estremo Oriente, del Giappone ultratecnologico, della Malesia cyberpunk, del mondo cablato e della realtà virtuale. Di una vita adrenalinica dove le distanze erano scomparse, del telelavoro che si identificava tout court con l’esistere. Se cercate quel genere di Asia siete sulla strada sbagliata. Leggete piuttosto – lui non invecchia – Karl Taro Greenfeld, Baburu e Deviazioni standard.
Questi racconti non hanno nulla a che fare con quel genere di «futuro in corso». Come se gli anni narrati da Gibson fossero stati soltanto un sogno. Li ho letti e ho avuto la sensazione di essere nell’immediato presente. Anzi, a tratti nell’immediato passato, ritornato al tempo dei Leavitt e del primo Easton Ellis.
Leggere Singapore non è tempo sprecato, sia chiaro. Ma non fatelo sperando di incontrare l’Asia. Sono solo racconti – alcuni molto buoni, altri un po’ meno – di un gruppo di giovani (non tutti asiatici) di lingua e cultura anglosassone. Poco di nuovo sotto il sole e ancora meno di asiatico.
Resta da constatare soltanto la facilità con la quale si può assemblare un’antologia di livello narrativo comunque apprezzabile – anche se non all’altezza delle trombonate della miniprefazione che peraltro non spende neppure una parola su Singapore – soltanto girovagando su internet.
Se conoscete l’inglese e volete provare a confezionarne una a vostra misura potete sempre visitare www.qlrs.com.
Massimo Coppola (cur.), Singapore
ISBN, 2005, pp. 169, € 12,00, trad. P. Vallerga
[1] Cyril Wong è stato tra gli autori pubblicati da CS_libri nell’antologia ALIA Storie, 2011. Se c’è del buono, noi lo troviamo.
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