Alessandro Defilippi (cur.)
Le tracce perdute degli dei
Passigli
€ 18,50
Solitamente i sequel seguono, nell’ordine di produzione e pubblicazione, il romanzo di riferimento. Sempre solitamente, il sequel è un romanzo rischioso che, indipendentemente dal suo valore oggettivo, risulta tanto più deludente per i lettori quanto più il primo romanzo era riuscito. Infrangere le due regole contemporaneamente, ossia scrivere un “prequel” che contemporaneamente sia all’altezza di un buon romanzo e che non gli faccia ombra è difficilissimo.
Sfida doppia, quindi per Alessandro Defilippi che ha appena pubblicato da Passigli Le tracce perdute degli dei, prequel dell’ottimo Angeli, pubblicato sempre da Passigli nel 2002.
Il romanzo comincia alla fine del 1936 a Lalibela in Abissinia, dove giunge il maggiore del genio Fabiani, con l’incarico ufficiale di cercare petrolio e risorse minerarie. La missione del maggiore viene ostacolata dall’evasiva gentilezza delle autorità locali e del vescovo, dalla diffidenza del colonnello Acquaviva, capo del comando locale, da un agguato mortale e da tumulti e resistenze armate della popolazione locale. Nemmeno ad Addis Abeba Fabiani riesce a sbloccare la situazione, anzi viene risucchiato dai riti mondani della colonia italiana. Militari, diplomatici, faccendieri, gli occupanti sono gente arrogante o indifferente, priva di curiosità verso la popolazione locale che considera selvaggia e inaffidabile. Fiduciosi in una tecnologia e in una forza che ritengono superiori, gli italiani non sentono le vibrazioni profonde, gli scricchiolii del mondo sul quale stanno ballando. E Fabiani, che invece li percepisce, vive controvoglia in un tempo dilatato, dove nulla pare più urgente, nemmeno la missione segreta che l’ha portato lì.
Non troppo lontano da Fabiani, Padre Ferraris, il grande protagonista di Angeli, vive immerso in quel mondo e nelle sue sofferenze; Il sacerdote sta giocando una complessa partita umana e politica con Tesfaje, sacerdote di Waq nonché guaritore e organizzatore di rivolte. Simili nei dubbi e nelle aspettative che provano verso il Divino, i due sono accomunati da una simile sensibilità per il dolore, dalla medesima convinzione che credere significhi scegliere, esporsi, essere responsabili anche per gli altri…
Giocato, come Angeli, tra vicenda storica impeccabilmente documentata e il grande tema del rapporto con il trascendente dentro e fuori di noi, anche Le tracce perdute degli dei offre una rappresentazione complessa del male, nel quale il piano mistico e quello storico e politico si intrecciano senza fratture, proprio come avviene nella realtà. E come Angeli, anche questo nuovo romanzo vive dei due temi più originali di Defilippi, i più “suoi”: il senso del Sacro e la storia degli anni Trenta e Quaranta.
Fabiani, il portatore di dubbi, ambiguità e malesseri che hanno realmente attraversato il regime fascista e Tesfaje, voce di una storia e di una visione anche politica del mondo che gli italiani hanno colpevolmente ignorato, sono protagonisti di tutto rispetto; i tanti personaggi che li attorniano non sono semplici caratteri secondari utili al procedere della storia ma nitidi e complessi comprimari che giocano ruoli importanti nella vicenda; seguendoli, il lettore giunge senza delusioni là dove tutto era cominciato in Angeli, con in mano maggiori elementi per affrontare i nodi e gli interrogativi politici e mistici che l’avevano affascinato anni fa.
Defilippi è riuscito a scrivere un vero prequel che se letto “prima” apre la strada alle rivelazioni che seguiranno senza metterle in ombra e senza anticiparle, pur vivendo di vita autonoma; letto “dopo” non delude ma scava nel passato di Padre Ferraris svelandone più compiutamente i motivi delle scelte successive.
Spero che dopo aver vinto questa scommessa, Defilippi non lasci il tavolo ma alzi la posta. Un sequel del sequel non sarebbe affatto fuori posto.