Raccoglitori di piante che fecero la storia
di Silvia Treves
Esaminiamo di persona le cose quando ne abbiamo l’opportunità e conversiamo con la Natura quanto con i Libri […] non diffidando dei nostri Talenti o disperandoci sulle nostre Capacità come se la nostra Operosità non potesse aggiungere niente alle Invenzioni dei nostri antenati, o correggere uno qualunque dei loro errori. Non pensiamo che i limiti della Scienza siano fissi per sempre.
John Ray, Wisdom of God
Con Cacciatori di piante, Mary e John Gribbin ci offrono una storia della scienza moderna raccontata dal punto di vista della botanica, disciplina corteggiata nei secoli XVIII e XIX da dilettanti talentosi più simili a Indiana Jones che a pallidi e pazienti compilatori di erbari.
Undici sono i campioni di cui i Gribbin raccontano le gesta, preceduti da un eroe noto agli studiosi ma sconosciuto ai più: John Ray. Fra essi, va notato con un po’ di tristezza ma senza sorpresa, «compare solo una figura femminile, però straordinaria»: Marianne North, grande pittrice della Natura che, visitando quasi tutti i continenti e isole del Pacifico, ci ha lasciato splendide e accuratissime illustrazioni.
John Ray |
Il prologo, dedicato a John Ray (1627-1705), ci presenta un uomo profondamente religioso ma libero pensatore, disposto a perdere la cattedra a Cambridge per non venir meno alle proprie convinzioni in tempi difficili come la Restaurazione di Carlo II; studioso di idee avanzatissime (lui, e non Linneo, fu il primo a riconoscere e definire la specie come base della sistematica, nonché a gettare le basi del sistema di classificazione utilizzato ancora oggi!), Ray fu in tutto e per tutto uno scienziato moderno. Le pagine a lui dedicate ci introducono a un periodo grandioso della storia della scienza: Al Trinity College di Cambridge Ray lavorò fianco a fianco con gente del calibro di Isaac Barrow e poté leggere con diletto e profitto le opere dei suoi contemporanei di Oxford Boyle e Hooke. Impossibile, per chiunque si occupi a vario titolo e livello di scienze naturali, non provare invidia e ammirazione per John Ray. Il primo degli undici è Carl Linnaeus, propugnatore della moderna classificazione binomia. Figlio di un pastore, Linneo crebbe «in una piccola ligia comunità luterana in una regione povera di un Paese che era diventato una sorta di enclave, un luogo isolato dall’Europa». Avviato dalla famiglia alla carriera di medico, sempre a corto di denaro, dopo gli studi in università allora decentrate, si perfezionò a Leida dove, gran promotore di se stesso, ebbe modo di farsi apprezzare. Dalla sua ebbe un buon matrimonio, qualche conoscenza giusta, sodalizi scientifici con giovani studiosi informati delle nuove teorie e, forse, una forma mite della sindrome di Asperger (ossessionato com’era dalle liste e abituato a prendere nota di ogni cosa, era l’uomo adatto per portare un po’ di ordine nelle molteplici classificazioni botaniche!). Linneo potrebbe essere liquidato così; le sue opere migliori risalgono tutte al periodo giovanile, negli anni della maturità non fece altro che perfezionare le idee di allora, senza peraltro riconoscere i meriti (probabilmente cospicui) dei collaboratori. Eppure Linneo fu un «grande»: pieno di contraddizioni, credulone all’eccesso ma capace di fiutare le grandi idee della sua epoca, buon insegnante e ottimo divulgatore, stimato ma poco amato per i lati meschini del suo carattere, preparò con grande scrupolo allievi che tagliarono i ponti con lui non appena possibile. Imperdibili, il suo ritratto abbigliato in un fantasioso e raffazzonato «costume tradizionale sami»), gli antoincensamenti e l’indignata levata di scudi di molti botanici europei contro la «depravata» classificazione linneana…
Carl Linnaeus |
Ma non furono soltanto personaggi di origini umili a dedicarsi alla caccia alle piante. Uno tra i cacciatori più significativi fu Joseph Banks, un nobiluomo fornito di enormi ricchezze, di una mente brillante e della impareggiabile capacità di comunicare con chiunque, dai re agli aborigeni australiani. Appassionato di scienze naturali, Banks, si imbarcò sull’Endevour al comando di James Cook; ritornò dal viaggio con campioni di un gran numero di nuove specie e conquistò rapidamente fama e gloria. In pochi anni divenne consigliere scientifico ufficioso del governo, amico intimo del re e responsabile di tutta l’attività dei Kew Gardens, nonché presidente della Royal Society e da quella posizione poté inviare suoi rappresentanti ed esploratori in mezzo mondo. Grande organizzatore e capace di riconoscere i migliori talenti scientifici del suo tempo, Banks trasformò la propria residenza in qualcosa a metà tra una scuola di perfezionamento, un museo e una comune di liberi pensatori. Che invidia! La sua influenza si irradiò al di là degli interventi diretti, e due dei suoi pupilli fanno meritatamente parte dei magnifici undici: Francis Masson e John Dalton Hooker.
Masson era uno scozzese caparbio e affidabile, un self made man autodidatta che, da aiuto giardiniere, divenne un erudito botanico e un apprezzato artista floreale. Tipico esempio vittoriano di grande lavoratore, ebbe la fortuna di incontrare gli uomini giusti: innanzitutto Banks che lo inviò al seguito della seconda spedizione di Cook come raccoglitore ufficiale dei Kew Gardens reali, poi, in Sudafrica, Carl Peter Thunberg, un botanico svedese allievo di Linneo. Compagni di spedizioni e amici per tutta la vita, i due uomini erano diversissimi: Francis prudente, caparbio e modesto, Carl cordiale, impulsivo, facile a farsi degli amici; Thunberg, tra l’altro, fu tra i primi studiosi europei a visitare il Giappone, allora appena affacciatosi sul mondo dopo la lunga chiusura politica dello shogunato.
Uno dei pionieri più interessanti è David Douglas, scozzese di umili origini, il tipico ragazzino terribile che tagliava le lezioni per correre nei campi e andare a pesca; botanico d’istinto, divenne presto aiuto giardiniere alle dipendenze di un nobile dando prova di competenze e conoscenze (aquisite da autodidatta) tali da essere nominato «raccoglitore» di campioni esotici della Horticultural Society di Londra. Inviato nelle Americhe, percorse in pochi anni 12.000 miglia, legando il proprio nome a più di 200 varietà di piante e consentendo ai datori di lavoro di incassare grandi quantità di denaro commerciando le specie da lui introdotte nel paese. Nonostante la fama ottenuta, restò un pensatore indipendente e un esploratore solitario, che viaggiò fino all’ultim giorno di vita, benché le fatiche dei viaggi e gli stenti gli avessero piegato il fisico rendendolo quasi cieco.
A seguire altri grandi come i fratelli Lobb, Robert Fortune, il primo raccoglitore di piante a netrare in Cina dopo il trattato di Nanchino; assimilò senza difficoltà la cultura cinese e venne accettato come «forrestiero civilizzato proveninete da “oltre la grande Muraglia”». Fu il creatore della dell’industria del té nero sia in India sia in Sri Lanka, nonché il primo europeo ad aver capito che tè nero e tè verde sono prodotti dalla medesima pianta.
Marianne North |
La sola pioniera del saggio, Marianne North, riuscì a «viaggiare due volte intorno al Globo – una volta da est a ovest, e l’altra da vest a est – e visitare qualunque continente abitato e numerose isole principali». Non viaggiò per diporto ma come artista e scienziata, per dipingere ogni tipo di specie fiorifera delle regioni tropicali del pianeta. Le sue illustrazioni sono spettacolari e accurate, il suo contributo alla botanica inestimabile.
Particolarmente significativo mi è parso Richard Spruce. Figlio di un maestro di scuola di campagna, il giovane Richard trascorreva tutto il tempo che poteva in lunghissime passeggiate nei boschi, siluppando un forte interesse per la botanica, probabilmente anche per il comprensibile desiderio di fuggire da una casa affollata da una matrigna e otto sorellastre. Dopo anni trascorsi a seguire malvolentieri le orme paterne, si riconvertì alla botanica e conobbe alcuni appassionati naturalisti, tra i quali William Alfred Wallace (che giungerà autonomamente a una versione dell’evoluzione più limitata ma non distante dal darwinismo). I due, che rimarranno amici per tutta la vita sono ottimi esempi di quella generazione di naturalisti «senza denaro sufficiente per potersi permettere studi universitari, ma con un’istruzione adeguata per per poter sognare di poter seguire le orme di figure del livello di un Charles Darwin». Scelto il Sudamerica come teatro delle proprie ricerche, Spruce compie viaggi ed esplorazioni che lo renderanno famoso, tornando in patria soltanto dopo quindici anni, il fisico già piegato dalle malattie. Il suo maggior contributo (purtroppo poco remunerato) riguarda l’introduzione dell’albero del chinino in India (e indirettamente nelle piantagioni olandesi) e «ha segnato una della maggior conquiste della ricerca botanica, a cui si deve la vita di milioni di persone e la possibilità di “bonificare” regioni altrimenti inabitabili comprese quelle nel cuore dell’Africa».
Joseph Dalton Hooker |
Ultimo dei pionieri Joseph Dalton Hooker, figlio d’arte, ossia di un docente di Botanica, cresciuto leggendo le avventure di Mungo Park e ascoltando i racconti di David Douglas. Il giovane Joseph «inciampa» nel nome di Charles Darwin grazie a Charles Lyell, padre del grande Lyell, geologo e amico di Darwin! (ma come si fa a non odiare – e adorare – gente così fortunata?). In breve riesca a imbarcarsi su una nave che esplorerà l’Antartide visitando tutte le terre a nord del circolo polare, comprese aree già esplorate da Darwin e da Banks. A lui dobbiamo, fra l’altro, l’introduzione in Europa di splendide varietà di rododentri, magnolie e Grevillee.
Interessante e comunque meritevole di lettura, il saggio ha un ampio respiro che consente al lettore di farsi un’idea precisa delle politiche economiche e dei rapporti diplomatici tra gli stati europei, le loro colonie e le potenze extraeuropee, dal Giappone all’India, alla Cina e ai nascenti Stati Uniti durante la fine del settecento e tutto l’Ottocento, e che consente di riconoscere nelle nuove specie vegetali non soltanto entusiasmanti trionfi dellla biodiversità, ma prodotti commerciali dal grande potenziale economico; contemporaneamente, l’attenzione ai particolari, l’amore per il dettaglio illuminante e la passione con la quale i due autori seguono i loro pionieri, regalano al saggio i passo più lento della microstoria e della biografia. Purtroppo non di rado l’eccessivo scrupolo documetaristico (graditissimi in una singola, ampia biografia) offre a chi legge una tale mole di personaggi comprimari e secondari, di nomi e date da disorientarlo. D’altra parte sono proprio i particolari che costruiscono il quadro perciò, nonostante un paio di volte mi sia bloccata lasciando il libro a riposo sul comodino per qualche giorno, non me la sono sentita di saltare pagine o, peccato gravissimo, interi capitoli. E non rimpiango il tempo che gli ho dedicato.
Un difetto più grave, invece, è probabilmente la scelta di raccontare questa storia soprattutto dal punto di vista inglese: tutti i protagonisti, pur avendo girato ben più di mezzo mondo, fanno perno su Londra e sulla corona inglese: come inviati diretti, come studenti, come studiosi ospiti, anche quando sono di origine olandese o scandinava. Vien da chiedersi se altri stati europei, non abbiano avuto pionieri botanici e o tradizioni botaniche altrettanto validi. Le mie ricerche in rete sono state insoddisfacenti, in parte per mie carenze linguistiche (ad esempio, non conosco il tedesco), in parte per il silenzio dei recensori. Ho trovato poche e compassate recensioni del saggio in francese e spagnolo e nessuna indignata levata di scudi. Mi piacerebbe, una volta o l’altra, approfondire l’argomento.
Per completare l’argomento, consiglio ai lettori curiosi un bel volumetto della BUR edito un paio di anni fa, Esplorazioni e viaggi scientifici nel Settecento, a cura di Marco Ciardi, che presenta e raccoglie pagine scritte da grandi viaggiatori. Nel Settecento questi «diari» non sono più intese come semplici «diari» e insiemi di notazioni curiose, ma come vere e proprie relazioni scientifiche, molto documentate e obiettive, di taglio cartogrfico, antropologico e etnografico. Rispetto ai testi che accompagnavano i materiali raccolti dai botanici dei Gribbin, l’attenzione di questi viaggiatori è soprattutto rivolta ai popoli che vivevano nelle contrade esplorate. Fra loro alcuni personaggi già incontrati nel saggio precedente, come Linneo e Thunberg, e altri di grande interesse come Von Humboldt e il suo amico e sodale Bompland, o come Bouganville, nonché due italiani, un grande (noto agli studenti quasi solo grazie al famoso esperimento sull’origine della vita) come Lazzaro Spallanzani e un viaggiatore di notevole spessore ma poco noto come Alessandro Malaspina.
I libri
Gribbin Mary, Gribbin John
Cacciatori di piante
pp. 347, illustrato
Raffaelo Cortina 2010, € 26,00 (Trad. D. Damiani)
Ciardi Marco (a cura di)
Esplorazioni e viaggi scientifici nel Settecento
pp. 458, Rizzoli BUR 2008, € 12,00
I siti
di taglio generale
http://www.actaplantarum.org/acta/etimologia.php?nome=D
http://www.plantexplorers.com/index.html
su David Douglas
http://www.coffeetimes.com/daviddouglas.htm
http://www.britannica.com/EBchecked/topic/170153/David-Douglas
per la soddisfazione di capire perché le piante hanno il nome che hanno e chi le scoprì
http://www.swcoloradowildflowers.com/biographies%20of%20naturalists.htm
per farsi un’idea di quanto libri sulle piante siano stati scritti dal quarto secolo a.C. a oggi.
http://tuttalacartadelmondo.blogspot.com/2008/10/enciclopedie-erbari-atlanti-e-codici.html
sui Kew gardens
http://www.youtube.com/watch?v=d4aRQgg9Cfg
http://www.kew.org/about-kew/our-work/index.htm
tanto per non essere soltanto anglofoni
http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_botanici
http://fr.wikipedia.org/wiki/Cat%C3%A9gorie:Botaniste_fran%C3%A7ais