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    Biblioteca · Golem

    Formiche e B.E.M.

    • di Massimo Citi
    • Febbraio 4, 2012 a 8:48 pm

    Biblioteca. I libri ritrovati

     


    Chi non ha mai osservato (o disturbato e anche peggio) le formiche da bambino alzi la mano. Siete in pochini, eh? Personalmente ricordo un’estate in montagna nella quale sono letteralmente inciampato in una colonna di belle formicone color legno scuro. Armato di una paletta cercavo di sviarle e mi ricordo che alcune di loro, dotate di una testa di dimensioni ragguardevoli in rapporto alle altre, si affannavano a correre su e giù per la colonna cercando – secondo me, bambino di anni 9 – di tenere serrate le file.

    Le formiche e più in generale le società di insetti costituiscono un capitolo a parte della narrativa fantastica e fantascientifica, che vanta romanzi come L’Alveare di Hellstrom di Frank Herbert (l’autore di Dune) e film come Fase quarta distruzione Terra. Più in generale formiche, api e termiti sono una specie di tormentone per scrittori vari, bravi o bestie che siano, perché costituiscono l’unico esempio di società organizzata non-umana a portata di mano.
    Questo meraviglioso libro (meraviglioso nel senso che suscita una sana meraviglia scientificamente fondata) fornisce una quantità mirabile di informazioni sulle formiche e sulla loro società, organizzazione, origine, usi e costumi, sfatando moltissimi luoghi comuni.
    Le formiche si sono evolute dalle vespe circa 90 milioni di anni fa:

    Sembra, quindi, che le società delle formiche ebbero origine da aggregazioni di vespe solitarie nel Mesozoico [….]. Il primo essenziale passo fu la coesistenza tra madre e prole anche dopo che questa era diventata adulta. Tutto ciò che in seguito sarebbe stato necessario per una vita coloniale ben organizzata era che le figlie perdessero la propria capacità riproduttiva e aiutassero la madre nell’allevamento delle altre sorelle.

    Testa di formica al microscopio elettronico
    Ma le formiche sono poi davvero quella cieca macchina sociale da fanta-socialismo monosessuale che tutti presumono di conoscere? Secondo i due autori la realtà del formicaio non è poi così monolitica. Esiste una complessa organizzazione in caste (a proposito: le formiche testone della mia esperienza infantile erano formiche-soldato e probabilmente il loro lento e feroce vagare avanti e indietro costituiva un tentativo di individuare lo sconosciuto nemico) particolarmente raffinata nelle formiche Tagliaerba (pp. 191 e segg.). Anche la mitica regina non è poi così tanto certa del proprio potere, almeno nelle formiche Otri di Miele, nelle quali a una prima fase di collaborazione tra giovani regine fa seguito un periodo di feroci lotte di palazzo. E i maschi? Da leggere la spiegazione (p. 169) sul perché i maschi delle formiche, una volta svolto il proprio compito biologico, vengono scacciati dal nido e quindi condannati a morte. C’è da giurare che, prima di scrivere Il mio cuore Aploide, Alice Sheldon (alias James Tiptree Jr.) abbia letto qualcosina sulla genetica delle formiche.
    Affascinante scoprire come uno dei tratti più inquietanti della loro società (la totale dedizione dell’individuo alla comunità) trovi in parte una spiegazione nella loro peculiare genetica (le formiche di un nido sono tutte sorelle o quantomeno cugine) e in parte sia dovuto alla chimica elementare dei segnali che esse utilizzano, l’unica forma di comunicazione compatibile con cervelli di dimensioni microscopiche.
    Talune specie di formiche, tuttavia, sono in grado di elaborare segnali di tipo diverso, ossia mostrare comportamenti di dominanza e sottomissione – comportamenti che in genere attribuiamo a specie ben più vicine a noi – o esibire atteggiamenti aggressivi e mascherature. Altre specie di formiche sono in grado di allevare altri insetti utilizzandoli come noi facciamo con le mucche da latte, altre ancora coltivano funghi oppure sono in grado di procurarsi manodopera gratuita razziando nidi appartenenti ad altre specie.
    Ma gli autori non lasciano nessuno spazio a facili parallelismi tra la società umana quella delle formiche, nonostante le analogie. Anzi, chiarendo le basi molecolari del comportamento delle seconde, fanno piazza pulita di qualunque indebito meccanicismo biologico, un’impostazione apprezzabile, considerato che uno di loro, E.O. Wilson, è il fondatore della Sociobiologia. Evidentemente sono stati proprio gli ottimi risultati raggiunti con le formiche a spingere Wilson a tentare approcci schiettamente genetici a specie animali dotate di ben altra complessità, in grado, come spiegava l’etologo Bonner (cfr. La cultura animale, Bollati Boringhieri) di trasmissione culturale, ovvero di «accelerare l’evoluzione» attraverso l’apprendimento.
    Inutile dire che i primati, e la specie umana per prima, sono tra quelli che più hanno utilizzato tali meccanismi, tanto che il comportamento umano è divenuto un mix, disperante per un biologo, di stimoli fondamentali e raffinati riflessi culturali.
    Ultima considerazione: la lettura dell’ottimo saggio di Wilson e Hölldobler fa, ahimè, giustizia definitiva dei B.E.M. (Bug-Eyed-Monsters) della FS classica. Nessuna formica – e nessun altro insetto – potrà mai raggiungere dimensioni neppure lontanamente paragonabili a quelle di un essere umano. L’esoscheletro, infatti, funziona bene solo per creature di piccole dimensioni. Oltre a questo, il superorganismo-formicaio è perfettamente in grado di adattarsi a un habitat dato ma, fondato com’è su una chimica e una genetica molto rigide, non può giungere a elaborare alcun progetto che non sia scandito dai tempi molto lunghi dell’evoluzione biologica.

    I Borg di Star Trek, ultima variante FS della società/formicaio, se fossero così rigidamente legati a meccanismi elementari di riconoscimento di sé e dell’altro non si sarebbero mai alzati nei cieli del loro pianeta e, proprio come le formiche, si sarebbero accontentati del ragguardevole successo ottenuto nel proprio habitat.
    Anche se questo successo ha fatto loro meritare favole come la Cicala e la formica, filastrocche come questa

    Oh! formica, formichina
    quante miglia devi fare?
    dove son le tue castella
    se ti dai tanto da fare?
    Tu non sei davvero oziosa
    chè lavori senza posa
    dal mattino alla nottata,
    formichetta disperata.

    e perfino capolavori come La canzone della formica

    BERT HÖLLDOBLER, EDWARD O.WILSON
    FORMICHE
    Storia di un’esplorazione scientifica
    Adelphi ed. or. 1994 pp. 350 € 36,00
    Trad. D. Grasso 


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    Tag: etologiaFantascienzaformicheRecensioni

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