di Silvia Treves
Il mondo era cambiato e nel loro piccolo gli omicidi di cinque prostitute indifese nel labirinto di strade e vicoli dell’East End londinese contribuirono a cambiarlo [P. Begg].
L’impresa privata è riuscita là dove il socialismo aveva fallito; mentre noi socialdemocratici tradizionali sprecavamo il nostro tempo su istruzione, agitazione e organizzazione, un genio indipendente ha preso in mano la faccenda e, semplicemente ammazzando e sbudellando quattro donne, ha convertito la stampa dei possidenti a una specie annacquata di comunismo [G. B. Shaw, lettera al quotidiano «The Star»].
Alzi la mano chi non ha visto alla TV, o letto su un settimanale estivo, almeno un’inchiesta postuma su Jack the Ripper. Ogni volta il conduttore o il giornalista di turno ci propina una più o meno accurata ricostruzione, una manciata di notizie storiche e di documenti d’archivio, i profili psicologici di carnefice e vittime a cura di esperti o presunti tali, l’immancabile confronto tra lo Squartatore e i serial killer moderni; a seguire, con le precauzioni del caso, le raccapriccianti fotografie delle vittime e quelle dei luoghi, le considerazioni banali e/o azzardate di tuttologi da diporto e qualche prevedibile osservazione sulla sessualità repressa dei gentiluomini vittoriani; in chiusura vecchie e (quasi) nuove ipotesi. Ovviamente non si giunge ad alcuna soluzione del «grande mistero vittoriano» come l’ha definito Christopher-Michael Di Grazia, noto «ripperologo» americano.
Potremo mai far luce su quei lontani avvenimenti? Probabilmente no, risponde Paul Begg nel penultimo capitolo del suo saggio. I fatti sono vecchi di quasi centoventi anni, la criminologia di un tempo non era quella di oggi, indizi, tracce e prove sono state ormai vagliate centinaia di volte, le ipotesi più varie e fantasiose sono state avanzate e accantonate e, soprattutto, la storia ha goduto, allora, di quella che noi adesso chiameremmo «sovraesposizione mediatica». Come consiglia l’autore stesso, in mancanza di altre piste più convincenti è opportuno cercare il vero Jack «fra i [cinque] candidati più probabili devono essere coloro che furono sospettati dai poliziotti allora più addentro all’affare».
Comunque rassegnamoci: è molto improbabile, oggi, trovare una risposta. Naturalmente potrebbe ancora saltar fuori da qualche archivio o biblioteca o soffitta polverosa un documento in grado di chiarire la faccenda ed è per questo, in parte, che tutti continuano a parlare, a scrivere a discutere nei blog, a girare film più o meno riusciti sui brutali assassini di Whitechapel: perché gli investigatori dilettanti sono molti ed «è comunque divertente ricercare, discutere e sperare…».
Quindi anche Begg si occupa, in alcuni capitoli, dell’aspetto investigativo dell’affaire: confronta le prove a carico dei sospettati, prende in considerazione e smonta le accuse sollevate contro personaggi in vista dell’epoca – dal figlio di Edoardo VII, principe Albert Victor, a Sir William Gull, al celebre artista Walter Sickert, al mediatore di cotone James Maybrick – e sfoglia insieme ai lettori memorandum e diari dei poliziotti che all’epoca si occuparono del caso. Ma la grande domanda di Begg, la ragione vera del suo saggio, è un’altra, ancor più interessante dell’identità del – sempre inquietante ma ormai lontano nel tempo – mostro dell’East End: «Perché proprio Jack?», perché continuare a occuparsi di un killer sicuramente brutale ed efferato ma che potrebbe dire di sé* «Novant’anni fa ero un fenomeno. Oggi sono un dilettante»? Le sue orripilanti gesta sono state, negli ultimi decenni, surclassate da quelle di assassini dilettanti e professionali ben più «dotati», eppure Jack continua a godere di uno status quasi mitico, a essere la sintesi tra uno spauracchio per ragazze imprudenti, una creatura da incubo e una popstar. Che cos’aveva, Jack, di tanto speciale?
Questa è la grande domanda e Begg risponde in maniera esauriente, partendo dalla convinzione che «Jack lo Squartatore sarebbe probabilmente stato dimenticato se avesse colpito in qualche altro luogo o in un altro periodo o se avesse ucciso signore altolocate anziché infime prostitute».
Invece Jack the Ripper agì nell’East End di Londra, un luogo sordido e degradato, fatto di vicoli e casupole, abitato da gente poverissima che sbarcava il lunario con l’illegalità. Un palcoscenico buio e nebbioso e tuttavia illuminato dall’attenzione di tutta Londra, quella della nobiltà e del clero, dei ricchi conservatori e dei lavoratori, degli intellettuali progressisti e socialisti e della polizia. Ciò che accadde laggiù ai tempi di Jack rischiò di far saltare il governo e d’innescare una rivoluzione.
Gli anni Ottanta dell’Ottocento furono un periodo di cambiamenti sociali ed economici profondi, primo fra tutti il crescente attivismo della classe operaia e dei vari gruppi di socialisti a essa legati.
Nel novembre del 1887, ad esempio, socialisti e disoccupati organizzarono una serie di manifestazioni cittadine; i conservatori e la loro stampa chiedevano a gran voce che lo stato intervenisse reprimendo le proteste, così la polizia rispose con grande spiegamento di uomini… È tuttora tristemente famosa con il nome di Bloody Sunday una manifestazione di lavoratori pacifica e ordinata, organizzata a Trafalgar Square e repressa con estrema brutalità dalla polizia, che seminò il terrore con pestaggi, braccia e gambe rotte; i processi ai numerosissimi operai incensurati arrestati disgustarono i lavoratori.
Un gruppo molto numeroso di manifestanti proveniva dall’Est End:
… una zona nota per essere abitata prevalentemente da operai, e dai più poveri tra loro, in cui dilagava la disoccupazione e la miseria era diffusa e sempre presente […] una bomba a orologeria ticchettava sulla soglia della società “rispettabile” e [ci] si domandava quanto tempo ci sarebbe voluto prima che le masse in miseria insorgessero spontaneamente […] lo spettro di due o tre milioni di uomini poveri e disperati che si levavano en masse dai bassifondi di Londra per travolgere la società rispettabile diventò una possibilità molto concreta e molto dibattuta.
Il saggio di Begg, dimostra che, in un certo senso, Jack the Ripper preannunciava, evocava quasi, quella rivoluzione:
Se c’è una cosa che distingue i delitti di Jack lo Squartatore da altri crimini simili è la loro politicizzazione. Gli anni Ottanta dell’Ottocento furono in effetti un decennio di cambiamenti radicali, di ribaltamento di vecchie idee, in cui furono piantati i semi di un pensiero nuovo e le persone mostravano i muscoli rivendicando i loro diritti […] Sebbene queste campagne avessero un respiro/ nazionale, al centro c’era l’East End, e a dargli forma e contenuto sarebbe stata una figura solitaria e misteriosa, chiamata Jack lo Squartatore.
Fu grazie agli omicidi di Whitechapel che i media di allora cominciarono a parlare della vita terribile condotta dalle vittime di Jack, che si prostituivano per i pochi soldi necessari a sfamarsi e ad affittare un letto per una notte, dei bambini che vivevano nelle viuzze buie dove lo Squartatore colpiva, degli operai che, andando al lavoro nelle ore che precedono l’alba, trovavano i cadaveri delle sue vittime. Samuel Barnett scrisse al «Times» che:
Si potrebbe quasi dire che gli omicidi erano destinati a verificarsi; una generazione non può seguire l’altra sulla strada dei rapporti illeciti, i bambini non possono crescere in mezzo alle scene di degradazione, la comunanza nel crimine non può essere il legame della società, e tutto ciò [non può certo] generare pace.
Mentre la polizia brancolava nel buio e Jack (o chi per lui) sfrontatamente scriveva la famosa lettera alla stampa che iniziava con «Caro Boss», la tensione e la sfiducia verso la polizia e verso il governo salivano alle stelle. Secondo molta stampa di allora se gli omicidi fossero continuati il ministro Matthews avrebbe visto a repentaglio la propria carriera politica e persino il governo avrebbe rischiato di cadere.
Ma quale ruolo e quanto peso aveva la stampa dei tempi di Jack?
Fin dagli anni Venti dell’Ottocento la maggior parte della popolazione inglese sapeva leggere e scrivere, anche le donne e le persone più povere; la situazione migliorò ulteriormente a partire dal 1870, quando l’Education Act consentì il finanziamento pubblico di scuole comunali per ragazzi fino al tredicesimo anno di età. Nel 1885 si stimò che solo il quattro per cento dell’elettorato fosse analfabeta. La situazione dei quotidiani era quindi piuttosto florida: nel 1880 gli inglesi disponevano di 158 quotidiani che arrivavano ogni giorno, prima di mezzogiorno, anche in località distanti. La stampa così acquisiva sempre maggior importanza e i politici si stavano rendendo conto di quanto potesse essere invasiva e influire sull’opinione pubblica, sia che fosse l’autorevole e militante «Pall Mall Gazette» sia che fosse stampa settimanale scandalistica. Dice Begg: «I giornali assunsero un ruolo nuovo: alcuni pensavano di avere una responsabilità […] di educare oltre che informare: non solo educare i lettori […] ma anche educare la classe dirigente circa l’opinione delle persone comuni».
Il nuovo giornalismo fu così il maggiore – se non l’unico – responsabile della nascita e del consolidamento della leggenda di Jack lo Squartatore. Frotte di giornalisti accorrevano sui luoghi dei delitti, indagavano, informavano l’opinione pubblica e tenevano sotto pressione polizia e classe politica; tra loro vi erano, proprio come oggi, giornalisti impegnati e seri e altri alla ricerca dello scoop, della notizia shoccante, del crimine efferato, dello scandalo; vi erano quelli che cercavano le notizie, quelli che le gonfiavano, quelli che le creavano. Tra i suoi molti meriti, il saggio di Begg ha proprio quello di evidenziare come pregi e difetti del «quarto potere» fossero già ben delineati centoventi anni fa.
Un articolo da Pall Mall Gazette dell’epoca |
Qualunque cosa cercasse il «nuovo giornalismo», che si contrapponeva a quello tradizionale, indirizzato alla classe dirigente e fatto di fitte pagine di notizie politiche ed economiche, la trovò a lungo in Jack the Ripper. Una polemica senza fine si levava contro il governo e i giornali la cavalcarono o la guidarono secondo le loro simpatie politiche: la «Pall Mall Gazette» accusava il governo di non preoccuparsi delle vittime, in quanto prostitute e poveracce, e di non far nulla per far cessare gli omicidi mentre erano stati così attivi, solo qualche anno prima, nel soffocare le proteste dei lavoratori. La stampa conservatrice difendeva il governo e il «Times» addirittura tentò di scaricare le responsabilità sulle vittime.
Altro grande merito del libro è un’accurata ricostruzione della vita (e della morte) nell’East End, della grama esistenza della gente più povera che campava alla giornata, gli uomini con lavori di fortuna, le donne spesso prostituendosi. Fin dal medioevo il quartiere era famigerato per le sue «pensioni» che fungevano da bordelli, ma benché noto a tutti, l’argomento era ufficialmente tabù, per opportunismo, per ipocrisia e per l’impossibilità di distinguere tra prostitute vere e donne costrette ad arrotondare un reddito largamente insufficiente. Si cominciò a parlare di prostituzione a causa della diffusione crescente delle malattie veneree e quando cominciarono a occuparsene organizzazioni religiose e femminili. Paradossalmente, ad attirare l’attenzione dei media e del paese sulle condizioni di vita ignobili di tante donne fu, oltre a una campagna di stampa della «Pall Mall Gazette» l’accanimento dello Squartatore contro le prostitute.
Il libro di Begg è anche una miniera di informazioni su aspetti socioculturali della Gran Bretagna ottocentesca poco o niente conosciuti dal pubblico italiano, come l’intensa vita culturale e politica legata a quello che l’autore chiama «East End ebraico» e al circolo di intellettuali e lavoratori raccolti attorno allo «Arbeter Fraint» («L’amico dei lavoratori»), un giornale socialista radicale fondato nel 1885 da un gruppo di intellettuali e artisti ebrei, un giornale «aperto a tutti i radicali […socialdemocratici, collettivisti, comunisti e anarchici]». Il 40 di Berner Street, dove aveva sede il giornale, era sede di un club dove:
Immancabilmente, le sere di sabato e domenica, c’era una raduno davvero internazionale di russi, ebrei, inglesi, francesi, italiani, cechi, polacchi e radicali di altre nazionalità […] Si può dire che qui, a Berner Street, furono gettate le fondamenta della vera Fratellanza Internazionale dell’Umanità […]. Il Berner Street Club era la «culla della libertà» per l’emancipazione degli operai dalla schiavitù economica, a Londra**
«From Hell» Romanzo grafico di Alan Moore ed Eddie Campbell |
le vicende del giornale e del circolo, sono collegate a quella di Jack per questioni spazio-temporali (lo Squartatore uccise efferatamente Elisabeth Stride proprio nel cortile posteriore della sede del giornale un sabato sera mentre il club ospitava uno degli incontri abituali).
La storia dell’«East End ebraico» tocca soltanto di striscio la vicenda di Jack the Ripper e delle sue vittime, ma, come auspica l’autore medesimo, è sperabile che divenga il principale soggetto di un altro studio, scritto da Begg con la medesima documentata attenzione e vivacità.
* Nel film L’uomo venuto dall’impossibile, di Nicholas Mayer, 1979
** T.B. Eyes Beyond the Horizon in Begg, Jack lo Squartatore la vera storia
Paul Begg
Jack lo Squartatore: la vera storia
UTET, 2006, pp. 314, € 23,50, ill.
trad. D.Panzieri
Jack lo Squartatore è anche il soggetto di un film del 2001 basato su From Hell un romanzo grafico di Alan Moore ed Eddie Campbell.