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    Interzona

    Come parlare del mondo

    • di Silvia Treves
    • Marzo 11, 2012 a 7:34 pm

    di Silvia Treves

    La vita è infinitamente più strana di tutto quello che la mente di un uomo possa inventare. Noi non oseremmo nemmeno concepire quelli che in realtà non sono altro che i fatti quotidiani della nostra esistenza.


    In questa frase, che Conan Doyle mette in bocca a Sherlock Homes, sta probabilmente lo spirito profondo del libro di Il demone di Sherlock Holmes, di Grann, un giornalista e saggista che scrive per The New Yorker dal 2003 e ha collaborato a numerosi altri quotidiani statunitensi, noto in Italia per avere pubblicato La città perduta di Z, storia di un’ossessione mortale in Amazzonia. A patto di mettere in chiaro da subito che, con realtà strane, qui non si intendono (sol)tanto eccentriche manie, inconsueti interessi, coincidenze poco probabili, ma quel fitto intrecciarsi di particolari personalità e di processi sociali che, poco avvertiti nella quotidianità, la modellano in maniera profonda e insospettabile.


    In questo volume, avendo dalla sua la fortuna di guadagnarsi la vita proprio indagando per il piacere dei suoi lettori, Grann racconta alcuni «casi» che hanno suscitato la sua curiosità. Il primo, Circostanze misteriose, si svolge proprio nell’ambiente dei devoti a Sherlock Holmes e a Conan Doyle e ricostruisce la morte misteriosa e violenta di Richard Lancelyn Green, uno dei più noti esperti del settore, strangolato mentre stava investigando sull’esistenza e l’autenticità di un ancora ignoto archivio di scritti di Conan Doyle. Quelli che seguono sono materiali molto eterogenei; se, come me, in un’antologia (e questa raccolta condivide con le buone antologie di racconti la capacità di rendere vivi i personaggi e di scavare nella psicologia individuale) scegliete i brani in base alla forza evocativa dei titoli, potreste convincervi che Grann sia un giornalista piacevole e garbato che intende presentare individui inconsueti che, per vari motivi hanno vissuto vite un po’ speciali, dominate da un’ossessione cresciuta fino a diventarne l’aspetto dominante. È il caso di Il cacciatore di piovre, dedicato all’interesse quasi ossessivo di un biologo marino neozelandese per l’Architeuthis, ovvero la piovra gigante e anche di Il vecchio e la pistola, racconto della vita, trascorsa soprattutto in carcere di un rapinatore gentiluomo, sfortunato autore di evasioni geniali.

    In realtà Il demone di Sherlock Holmes è molto di più: un buon esempio di quel giornalismo anglosassone votato a raccontare la realtà continuando a scavare fino a quando le cose, viste da sotto, non perdono quell’allure da salotto tipica di un certo giornalismo italiano per diventare immagini complesse della nostra società.
    Alcuni capitoli sono solo modicamente inquietanti, come Il Camaleonte, nel quale Grann ci presenta Frédéric Bourdin, un impostore seriale trentenne che numerose volte si è spacciato con successo per un povero adolescente, giocando sul proprio aspetto gracile e giovanile. Al di là delle numerose false identità e dei passati inesistenti che si è attribuito, Bourdin agisce non tanto per derubare o truffare le proprie vittime, quanto per manipolarle, carpirne la buona fede e, sostanzialmente di «farsi una famiglia» temporanea, convincendo la gente ad accettarlo, con una miscela di audacia, incoscienza e fiuto che sfocia nel capolavoro di insinuarsi a pieno titolo nella famiglia (già di per sé disturbata) di un ragazzino difficile e sparito in circostanze misteriose. Un’impresa a suo modo geniale che dimostra quanto le “vittime” di Bourdin siano spesso più che disposte a farsi ingannare, a credere non a ciò che vedono ma a quello che vorrebbero vedere.

    Dalla vicenda è stato tratto un film e alcuni video

    Ma già Il giudizio del fuoco, dedicato a Cameron Todd Willingham, condannato alla pena capitale per aver incendiato dolosamente la propria casa provocando la morte delle tre figliolette. L’uomo si è sempre dichiarato innocente, fino all’esecuzione (avvenuta dieci anni dopo il fatto) e il caso – che resta tuttora controverso per il diverso parere dei molti esperti di incendi dolosi interpellati durante il processo – solleva ancora una volta il dilemma sull’eticità della pena di morte, tanto più che Rick Perry, allora governatore del Texas, rifiutò di riaprire un processo molto discusso o di concedere la grazia. Per inciso, nel settembre 2011 un giornalista fece notare a Perry che – da quando era era diventato per la prima volta governatore – in Texas erano già state eseguite 234 sentenze capitali.

    E se Città d’acquasvela i segreti del ciclopico acquedotto di New York e delle generazioni di uomini che l’hanno costruito e ampliato, convivendo con un mondo ctonio difficile e segreto fino ad amarlo, Perché Rickey Henderson non tornerà a casa è il ritratto ben riuscito di un campione di baseball con la mentalità di un ragazzino, incapace di tornare nel mondo dei comuni mortali dopo essere stato una stella di prima grandezza.

    Grann, però, dà il meglio nella terza parte del saggio nel quale sono raccolte quattro grandi inchieste. La prima, Il Brand, è dedicata alla Fratellanza Ariana, nata in carcere e che per cinquant’anni ha spadroneggiato nelle carceri e fuori, con lo spirito fanatico di una setta e la capacità imprenditoriale degna della nuova mafia, seminando terrore e imponendo le sue leggi davanti a uno stato incapace di tagliare tutti gli infiniti fili che la tengono unita, grazie anche a capi di lucida intelligenza e grande carisma. «La Fratellanza Ariana non ha l’obiettivo della supremazia bianca. Ha l’obiettivo della supremazia e basta. E farà di tutto per ottenerla. Di tutto», spiegò Michael Thompson, uno dei fratelli di livello più alto, uscito dalla Fratellanza per contorti motivi etici.

    La Fratellanza vista da Tony Kaye, 
    regista di American History X.

    La seconda, Crimetown, USA, racconta la realtà di Youngstown, situata nella Mahoning Valley dell’Ohio, oggi una delle zone più depresse del paese, ma fino agli anni Cinquanta protagonista di un boom economico basato sull’industria dell’acciaio, che richiamò una popolazione eterogenea di immigrati, soprattutto maschi, privi di coesione e di storia comune, facile preda di una mafia rampante proveniente in parte da Cleveland e in parte da Pittsbourgh. La descrizione delle bande locali affiliate alle due organizzazioni rivali, delle infinite collusioni piccole e grandi con i poliziotti e gli amministratori locali, del gigionesco ma a suo modo carismatico ex sceriffo di Youngstown, poi decollato verso il Congresso, dove rimase saldamente intignato per anni nonostante le prove palesi del suo pesantissimo coinvolgimento con la mafia, godendo di una popolarità immutata fra gli elettori, perfino dopo l’espulsione dalla Camera dei deputati per indegnità e sette anni di carceri, ha qualcosa di profondamente familiare per il lettore italiano.

    La terza, Delitto vero, è la controparte realmente accaduta di un classico di Hitchcock: Rope (Nodo alla gola) nel quale un un assassinio inutile e immotivato viene commesso come sfida, arrogante gioco intellettuale e aberrante forma d’arte.

    La quarta, infine, Rendere atto al «Diavolo» è la descrizione di ciò che avvenne ad Haiti, prima e dopo il colpo di stato che rimosse Jean-Bertrand Aristide, il primo presidente democraticamente eletto del paese. La rievocazione documentata del clima di violenza, del disprezzo per le vittime del regime e dell’intreccio inestricabile di interessi locali e internazionali è un pezzo di giornalismo che davvero vale la pena di leggere, efficacemente riassunti in Emmanuel «Toto» Constant detto «il Diavolo», fondatore del FRAPH, l’efferata milizia paramilitare erede dei Tonton Macoutes, inspiegabile ospite degli Stati Uniti nonostante i crimini commessi contro l’umanità, con il coinvolgimento mai chiarito dei servizi segreti americani. 

    Intervista di Lauren Porcaro del New Yorker all’autore. 

    Per saperne di più sul rapporto tra Bruce Springsteen e Youngstown, vedi qui.

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