Carlo Grande
La Via dei Lupi
TEA
€ 7,50
Un romanzo, certo, ma anche un manifesto, un appello all’insurrezione, al riscatto, alla ribellione. Anche, più modestamente, alla polemica, all’insofferenza, al pernacchio e al motteggio di Signori, Capi, Dirigenti, Capataz, Manager e Grossipersonaggi e delle loro corti e coorti di lacchè, lustrascarpe, signorsì, lecchini, nani e ballerine, astrologi e cartomanti. Leggerlo, a parte altre considerazioni più serie, è stato un piacere persino un po’ adolescenziale, sebbene il romanzo abbia volutamente tinte cupe e al protagonista non ne vada – letteralmente – dritta una che sia una. Ma, naturalmente, dietro la lettura «adolescenziale» c’è stata anche una lettura più «matura».
Ovviamente il primo riferimento a venire in mente è Jack London. Uno (un altro?) che raccontava nitidamente e che narrava di lupi e uomini. Il lupo come modello: feroce, ma nemmeno un centesimo di quanto lo siano gli uomini, e intelligente, leale, curioso, fedele.
Si apprezza la scelta di un Piemonte Medioevale che non ha nulla di oleografico e il costante contrappunto di piccoli e grandi arbitri alla vita quotidiana del protagonista e non solo, a ricordare che, al di là di cavalli, livree, armature e questioni d’onore il potere era e restava opprimente e iniquo. François è un intelligente anacronismo, in questa situazione. Uomo curiosamente «moderno» deriva in realtà la sua visione del mondo da una concezione laica, quasi pagana dell’universo e non fa mai ricorso a categorie politiche collettive, come «la Libertà» o «la Democrazia», com’è tipico dei cattivi romanzi storici.
Curioso che certe categorie del paganesimo classico (tolleranza, amore e rispetto per la natura, vivo senso della propria dignità come della propria fragilità) siano così di attualità, di questi tempi. Come sono d’attualità l’intolleranza e l’arbitrio…