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    TerraNova

    V. Catani – Chimere senza tempo

    • di Massimo Citi
    • Agosto 26, 2005 a 6:27 pm

    Vittorio Catani
    Chimere senza tempo
    Kipple Officina Libraria
    € 15,00

    Non è facile parlare di fantascienza italiana.
    Trattasi di argomento desueto, forse in realtà inesistente. Come la cibernetica assira o la botanica lunare.
    Che cos’è, chi è la fantascienza italiana?
    Anche senza scendere per strada, chiedetelo a vostro padre, a vostra figlia, a vostro cugino. Chiedete dei nomi, delle storie, dei titoli.
    …
    Ma anche nell’ambito dei lettori di fantascienza non avrete risultati molto più lusinghieri. Possibile che emerga, alla fine, un nome «Robot», leggendaria rivista degli anni Settanta e quelli di Curtoni & Montanari – mitici curatori della rivista Galassia. Possibile che emergano i nomi di Riccardo Valla, di Gilda Musa e Inìsero Cremaschi, di Lino Aldani o, magari, dell’autore di questa raccolta, Vittorio Catani.
    Tutti destinati all’oblio senza speranza di riscatto? Rinchiusi in ghetto fino a risultare invisibili?
    Un momento, un passo indietro.
    Parliamo di fantascienza, non di fantascienza italiana.
    Dei maestri, degli autori celebrati in antologie storiche anche per la tradizione italiana come la celeberrima Le meraviglie del possibile, ed. Einaudi 1959.
    A parte i nomi dei curatori (Sergio Solmi e Carlo Fruttero) e un improbabile Charles F. Ostbaum (pseudonimo di Carlo Fruttero) non compaiono autori italiani. Troppo presto, troppo giovane la fantascienza italiana per aspirare a tanto onore. E poi… si è mai visto atterrare un disco volante a Lucca?
    Premesso che è abitudine tutta italiana concedere anche alle produzioni letterarie di serie B un breve soggiorno in paradiso purché non si tratti di patrie lettere, non si può certo dire che manchi una tradizione di fantastico italiano. Anzi. Senza tirare in ballo Emilio Salgari, gli Scapigliati o Massimo Bontempelli, anche in quegli anni esistevano autori come Dino Buzzati che, se anche non raccontavano di astronavi e di mondi remoti, se la cavavano piuttosto bene a raccontare di incubi metropolitani e di orrori non troppo quotidiani.
    Recentemente l’antologia Le aeronavi dei Savoia, curata da Gianfranco De Turris e Claudio Gallo ha abbozzato un interessantissima ricostruzione dei percorsi del fantastico-fantascientifico italiano, riferendo di un ricco panorama di riviste di avventura e di invenzione fantastica tuttora vive e vitali negli anni Trenta.
    Che cosa è avvenuto dopo?
    Perché la fantascienza italiana non ha percorso la medesima via delle consorelle europee e, sia pure su scala ridotta, di quella statunitense?
    La miopia degli editori italiani, si dirà. La loro esterofilia mercenaria. La morte o l’agonia delle riviste d’avventura, il peso di un neorealismo letterario interpretato in maniera fin troppo letterale (e anche questa di vivere i movimenti letterari come assoluti è una caratteristica italiota), la scarsa cultura scientifica del nostro paese. Certo, tutti elementi di peso. Ma vogliamo dimenticare lo snobismo delle nostre accademie? La separazione tra le culture – ovvero in termini brutali la sostanziale ignoranza di un campo fondamentale del sapere da parte delle élite culturali nazionali – in Italia assurta a regola di appartanenza a circoli e salotti?
    Siamo il fanalino di coda in Europa per la spesa pro capite per libri, giornali e riviste. In compenso abbiamo il più alto numero di automobili e telefoni portatili per abitante. Un paese dove è ritenuto vezzoso non riuscire a capire una semplice formula chimica o fisica mentre non è (ancora) considerato divertente sostituire a un congiuntivo un condizionale o un indicativo.
    Da qui la classificazione della fantascienza come pseudoletteratura o non-letteratura, con l’aggravante, per gli autori italiani, di non essere neppure ritenuti realmente «esperti» in campo scientifico neppure dagli stessi appassionati.
    Soltanto negli anni Settanta si assistette a un parziale «disgelo» e alla comparsa di antologie e persino di qualche romanzo di autore italiano. Un disgelo breve e del tutto dimenticato quando fu l’intera fantascienza a «entrare in crisi».
    Tutta questa lunga (e probabilmente inutile) tirata unicamente per arrivare a scrivere che Chimere senza tempo di Vittorio Catani è un’antologia essenziale per chiunque voglia – masochisticamente, è chiaro – avere qualche nozione su che cos’è e che cos’è stata la fantascienza italiana dagli anni Settanta a oggi. Racconti, certo, perché la forma racconto è sempre stata connaturata alla fantascienza (e più in generale al fantastico), ma non racconti brevi o brevissimi, piuttosto testi articolati e complessi nei quali l’autore può dedicarsi alla creazione di un mondo e delle sue regole o a deformare, fino a renderle finalmente conoscibili, le regole che sottostanno alla nostra vita individuale e sociale.
    Già, sociale, perché la fantascienza è un genere massimalista che riflette sui cambiamenti profondi che determinano le modificazioni della società e si sforza di rappresentarli in forma narrativa. In qualche caso «addirittura» artistica.
    L’autore di fantascienza, in modo anche più netto e stringente, si sforza di essere osservatore piuttosto che semplice testimone e di costruire storie fondate su tensioni inapparenti e motivati presagi. Secondo la felice definizione di un romanzo di fantascienza degli anni Settanta, La civiltà dei Solari di Norman Spinrad, è «uno specialista in nessuna specialità», un tuttologo ispirato.
    I racconti di Chimere senza tempo sono un’ottima «testimonianza» di questa capacità di sintesi e confronto di emozione, riflessione, proiezione e sogno. Una prova vivente che la fantascienza italiana non è soltanto una curiosa perversione ma una parte ingiustamente negata della nostra vita letteraria.
    I racconti migliori? Difficile scegliere o condurre una selezione. Si tratta di testi scelti per documentare un’evoluzione artistica e ognuno di essi aspira a costituire un unicum. Tra quelli che hanno più colpito il recensore Breve vita felice di Vikkor Thalimon, Oh, Leviathan, La vacanza e I Penetranti, allucinazione erotico-fantascientifica di rara efficacia. Ma si tratta, per l’appunto, di predilezioni personali che non implicano alcun giudizio di merito. Ciò che il lettore troverà sono narrazioni originali e personalissime, nate da una visione inquieta e problematica del futuro. Un’esplorazione nervosa, a tratti sull’orlo della disperazione, delle tendenze profonde del nostro mondo.

    N.B.: info e richieste su www.kipple.it

    La versione completa di questa recensione apparirà sul numero 36 di LN-LibriNuovi, in uscita a dicembre 2005

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