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    Aria

    Q. Xiaolong – Visto per Shangai

    • di Massimo Citi
    • giugno 30, 2005 a 6:37 pm

    Qiu Xiaolong
    Visto per Shangai
    Marsilio
    € 16,50
    trad. P. Vertuani

    Chen Cao, ispettore capo della polizia di Shangai, letterato e poeta, single tiepidamente legato alla figlia di un alto esponente del partito comunista è il protagonista anche di questo Visto per Shangai, secondo poliziesco di Qiu Xialong, docente di letteratura cinese presso la Washington University e autore del Treasury of Chinese Love Poems, una raccolta di traduzioni in lingua inglese di classici della poesia cinese.
    Il primo romanzo dell’ispettore Chen (La misteriosa moglie della compagna Guam, cfr. LN 26) «ha vinto l’Anthony Award», ci informa il risguardo della terza di copertina, mentre questo secondo, apparso negli Stati Uniti nel 2002 e tradotto in italiano soltanto l’anno scorso, non sembra per il momento aver ottenuto riconoscimenti, oltre all’interesse e all’affetto di sempre più numerosi lettori sparsi in tutto il mondo.
    Rispetto alla precedente avventura l’ispettore Chen Cao ha maturato maggiori sicurezza in se stesso e convinzione delle proprie qualità ma, insieme a esse, anche scetticismo e disillusione. Questa volta è chiamato a collaborare con un’ufficiale della polizia statunitense, Catherine Rohne, a un delicato e complesso problema di immigrazione clandestina. Nel traffico di esseri umani sono coinvolte – come si può immaginare – le Triadi e una donna, Wen, moglie di un «pentito» custodito dalla polizia americana, è misteriosamente scomparsa.
    In apparenza compito di Chen Cao è quello di «accompagnare» la collega yankee mostrandole – senza badare a spese – le bellezze di Shangai e i progressi della Nuova Cina. Ma l’ispettore non è un semplice burocrate né può accontentarsi di recitare la parte del poliziotto da parata, tanto più che le Triadi sembrano aver posto nel mirino la collega americana e della povera Wen sembra essere scomparsa ogni traccia.
    Ci vorranno più di trecento pagine, numerosi incontri, diversi pasti, colloqui con alti esponenti del partito comunista, agguati, attentati e tradimenti perché l’ispettore Chen giunga a dipanare la complicata matassa della vicenda, venendo a scoprire, tra l’altro, inconfessabili legami e rapporti di complicità tra gli apparati dello stato cinese e la mafia.
    «Nulla di nuovo», non potrà che concludere il lettore italiano, per il quale questo genere di contiguità tra potere politico e criminalità è notizia di ogni giorno. È forse proprio questa sensazione di «già visto» che rende questo secondo romanzo meno godibile, almeno per il lettore italiano. Che l’ispettore Chen risulti per lunghi tratti del romanzo più ingenuo e meno avvertito di un semplice graduato dei Carabinieri o della Polizia di Stato, appare perlomeno curioso. Essendo così indebolito un elemento fondamentale del plot, divengono più evidenti i piccoli difetti – in realtà più «vezzi» che veri e propri difetti – della prosa di Qiu Xiaolong. Le continue citazioni dalla filosofia e dalla poesia cinese e la puntuale e puntigliosa descrizione di manicaretti e specialità della cucina cinese, due elementi – poesia e cucina – che danno talvolta la sensazione di essere inseriti per occupare i tempi morti del libro, rendendolo a tratti inutilmente prolisso.
    La Cina contemporanea risulta così meno nitida che ne La strana morte della compagna Guam, anche se non mancano personaggi e vicende collaterali che permettono al lettore di afferrare il clima e le tendenze in atto – sociali ed economiche – nel gigante asiatico.
    Una lettura che, nonostante le numerose debolezze – tra queste il rapporto un po’ troppo cinematografico che viene a crearsi tra Chen e l'(inevitabilmente) affascinante collega americana – risulta comunque gradevole e divertente. Dovendo scegliere, comunque, non avrei dubbi. Di gran lunga preferibile il primo dei due romanzi.

    da LN-LibriNuovi 33 – Primavera 2005

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